Impiegati e Dirigenti - CSDDL.it - Centro Studi Diritto Dei LavoriCentro Studi Diritto dei Lavori - Bisceglie - A cura dell'Avv. Antonio Belsito e del Prof. Gaetano Venetohttp://www.csddl.it/csddl/impiegati-e-dirigenti/atom.html2021-03-12T13:03:44ZJoomla! 1.5 - Open Source Content ManagementCongedo straordinario per dottorato di ricerca2012-02-15T18:30:06Z2012-02-15T18:30:06Zhttp://www.csddl.it/csddl/impiegati-dirigenti/congedo-straordinario-per-dottorato-di-ricerca.htmldi Raffaele Mancusoinfo@codexa.it<p align="center"><strong><span style="font-size: 16pt; color: red; font-family: 'Verdana','sans-serif'">Congedo straordinario per dottorato di ricerca</span></strong><strong><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="center"><em><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">di Raffaele Mancuso</font></span></em><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 2 della legge n. 476 del 1984 prevede che il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca sia “<em>collocato, a domanda, in congedo straordinario per motivi di studio, senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisca della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste</em>”.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 52, comma 57, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha poi integrato l’art. 2 della legge n. 476/1984 stabilendo che “<em><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'">in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio</span></em>, <em>o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro</em>”.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">La <em>ratio</em> della disposizione in esame è chiaramente quella di favorire il dipendente ammesso a corsi di ricerca e studio, garantendogli la conservazione del posto di lavoro ed il trattamento retributivo.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">La norma <em>de qua</em> prosegue disponendo che: “<em>qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza</em>”. </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 52 della legge 448/2001 ha, quindi, riconosciuto la possibilità, a coloro che non percepiscono borsa di studio o che rinuncino alla stessa, di conservare il diritto alla retribuzione a condizione che dopo il conseguimento il dipendente resti in servizio presso l’amministrazione pubblica per almeno due anni. </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’obbligo di ripetizione degli importi corrisposti è, infatti, ricollegato dall’art. 2 della legge n. 476 del 1984, così come modificato dall’art. 52, comma 57, della L. 448/2001, alla sola ipotesi in cui, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi per volontà del dipendente nei due anni successivi.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Alcune amministrazioni, in maniera arbitraria, introducono nel provvedimento di concessione dell’aspettativa al loro dipendente la previsione che, se quest’ultimo non dovesse conseguire il titolo, l’amministrazione richiederà la ripetizione delle somme. A sommesso avviso dello scrivente non appare sostenibile l’applicazione dell’art. 2 della legge n. 476/1984 “a casi analoghi”, ammesso e non concesso che siano ravvisabili analogie tra l’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi al conseguimento del dottorato di ricerca e quella di mancato completamento del corso di dottorato di ricerca.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Il Consiglio di Stato, Sez. II, con parere n. 133 del 21 gennaio 1987 (in Cons. Stato, 1989, I, 95) ha, infatti, affermato che la disposizione in esame ha carattere eccezionale ed è quindi, come tale, insuscettibile di interpretazione analogica, ex art.14 disp. prelim. al codice civile.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Si deve, altresì, negare in radice, sia con riferimento alla <em>ratio</em> della disposizione dell’art. 2 della legge n. 476/1984, sia con riferimento alla sua lettera, che l’amministrazione goda di una qualche discrezionalità <u>arbitraria</u> nella concessione del congedo straordinario o dell’aspettativa retribuita nelle ipotesi sopra descritte (Cons. St., Sez I, 30 ottobre 2002, n. 3250; TAR Toscana, Sezione II, 15 aprile 1992, n. 90). Se si ha riguardo alla <em>ratio</em>, si deve dire che il legislatore, nella comparazione degli interessi pubblici, ha valutato preminente quello della ricerca scientifica.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Si deve dare conto, inoltre, che in giurisprudenza, nell’ipotesi di dottorato di ricerca con borsa di studio, si afferma che condizione per il conferimento della borsa di studio medesima non è il conseguimento del dottorato di ricerca, <u>bensì la frequenza e l’attività di studio e di ricerca</u>: pertanto è illegittima la pretesa della P.A. di recupero degli assegni, nell’ipotesi di mancato conseguimento del titolo (TAR Campania Napoli, Sez. I, 14 luglio 1989, n. 470).</font></span></p><p align="justify"><span class="apple-style-span"><span style="font-size: 10pt; color: #222222; font-family: 'Verdana','sans-serif'">Per concludere si può affermare con certezza che, nel caso si rientri in servizio prima del termine degli studi o senza conseguire il titolo, non bisogna restituire le somme percepite, in quanto le stesse sono state concesse in godimento al dipendente</span></span><font color="#000000"><span class="apple-style-span"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"> in relazione alla frequenza e all’attività di studio e di ricerca e non con la finalità di acquisire il titolo. Difatti è come con il permesso c.d. 150 ore per motivi di studio che si concede per frequentare le lezioni e preparare gli esami e la tesi. Bisogna solo certificare la frequenza delle lezioni e il sostenimento dell’esame o della tesi ma non il suo esito.</span></span></font><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Nell’ipotesi di cessazione dal dottorato prima del suo completamento, inoltre, è ragionevole ritenere che in capo al dipendente<em> </em>sussista unicamente l’obbligo di riassumere immediatamente servizio presso l’amministrazione pubblica “di appartenenza”.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="center"><strong><span style="font-size: 16pt; color: red; font-family: 'Verdana','sans-serif'">Congedo straordinario per dottorato di ricerca</span></strong><strong><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="center"><em><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">di Raffaele Mancuso</font></span></em><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 2 della legge n. 476 del 1984 prevede che il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca sia “<em>collocato, a domanda, in congedo straordinario per motivi di studio, senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisca della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste</em>”.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 52, comma 57, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha poi integrato l’art. 2 della legge n. 476/1984 stabilendo che “<em><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'">in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio</span></em>, <em>o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro</em>”.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">La <em>ratio</em> della disposizione in esame è chiaramente quella di favorire il dipendente ammesso a corsi di ricerca e studio, garantendogli la conservazione del posto di lavoro ed il trattamento retributivo.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">La norma <em>de qua</em> prosegue disponendo che: “<em>qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza</em>”. </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’art. 52 della legge 448/2001 ha, quindi, riconosciuto la possibilità, a coloro che non percepiscono borsa di studio o che rinuncino alla stessa, di conservare il diritto alla retribuzione a condizione che dopo il conseguimento il dipendente resti in servizio presso l’amministrazione pubblica per almeno due anni. </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">L’obbligo di ripetizione degli importi corrisposti è, infatti, ricollegato dall’art. 2 della legge n. 476 del 1984, così come modificato dall’art. 52, comma 57, della L. 448/2001, alla sola ipotesi in cui, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi per volontà del dipendente nei due anni successivi.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Alcune amministrazioni, in maniera arbitraria, introducono nel provvedimento di concessione dell’aspettativa al loro dipendente la previsione che, se quest’ultimo non dovesse conseguire il titolo, l’amministrazione richiederà la ripetizione delle somme. A sommesso avviso dello scrivente non appare sostenibile l’applicazione dell’art. 2 della legge n. 476/1984 “a casi analoghi”, ammesso e non concesso che siano ravvisabili analogie tra l’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi al conseguimento del dottorato di ricerca e quella di mancato completamento del corso di dottorato di ricerca.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Il Consiglio di Stato, Sez. II, con parere n. 133 del 21 gennaio 1987 (in Cons. Stato, 1989, I, 95) ha, infatti, affermato che la disposizione in esame ha carattere eccezionale ed è quindi, come tale, insuscettibile di interpretazione analogica, ex art.14 disp. prelim. al codice civile.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Si deve, altresì, negare in radice, sia con riferimento alla <em>ratio</em> della disposizione dell’art. 2 della legge n. 476/1984, sia con riferimento alla sua lettera, che l’amministrazione goda di una qualche discrezionalità <u>arbitraria</u> nella concessione del congedo straordinario o dell’aspettativa retribuita nelle ipotesi sopra descritte (Cons. St., Sez I, 30 ottobre 2002, n. 3250; TAR Toscana, Sezione II, 15 aprile 1992, n. 90). Se si ha riguardo alla <em>ratio</em>, si deve dire che il legislatore, nella comparazione degli interessi pubblici, ha valutato preminente quello della ricerca scientifica.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Si deve dare conto, inoltre, che in giurisprudenza, nell’ipotesi di dottorato di ricerca con borsa di studio, si afferma che condizione per il conferimento della borsa di studio medesima non è il conseguimento del dottorato di ricerca, <u>bensì la frequenza e l’attività di studio e di ricerca</u>: pertanto è illegittima la pretesa della P.A. di recupero degli assegni, nell’ipotesi di mancato conseguimento del titolo (TAR Campania Napoli, Sez. I, 14 luglio 1989, n. 470).</font></span></p><p align="justify"><span class="apple-style-span"><span style="font-size: 10pt; color: #222222; font-family: 'Verdana','sans-serif'">Per concludere si può affermare con certezza che, nel caso si rientri in servizio prima del termine degli studi o senza conseguire il titolo, non bisogna restituire le somme percepite, in quanto le stesse sono state concesse in godimento al dipendente</span></span><font color="#000000"><span class="apple-style-span"><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"> in relazione alla frequenza e all’attività di studio e di ricerca e non con la finalità di acquisire il titolo. Difatti è come con il permesso c.d. 150 ore per motivi di studio che si concede per frequentare le lezioni e preparare gli esami e la tesi. Bisogna solo certificare la frequenza delle lezioni e il sostenimento dell’esame o della tesi ma non il suo esito.</span></span></font><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000">Nell’ipotesi di cessazione dal dottorato prima del suo completamento, inoltre, è ragionevole ritenere che in capo al dipendente<em> </em>sussista unicamente l’obbligo di riassumere immediatamente servizio presso l’amministrazione pubblica “di appartenenza”.</font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span><span style="font-size: 10pt; font-family: 'Verdana','sans-serif'"><font color="#000000"> </font></span></p>Obbligo di corretezza e buona fede nel conferimento degli incarichi dirigenziali2010-01-07T16:10:02Z2010-01-07T16:10:02Zhttp://www.csddl.it/csddl/impiegati-dirigenti/obbligo-di-corretezza-e-buona-fede-nel-conferimento-degli-incarichi-dirigenziali.htmlRoberta Brunoinfo@codexa.it<p align="center"><font color="#0000ff"><strong><em><font size="3"><font face="Times New Roman" style="font-size: 18px">Obbligo di correttezza e buona fede nel conferimento degli incarichi dirigenziali</font></font></em></strong><font face="Times New Roman" size="3"> </font></font></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">La normativa sul pubblico impiego pone grande attenzione al ruolo del dirigente pubblico il quale, in ragione delle competenze e responsabilità inerenti l’attuazione dei programmi e la gestione delle risorse umane e finanziarie, costituisce una delle più importanti leve per il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, indispensabili presupposti per la crescita del nostro Paese.</font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">E’ noto che, con riguardo al conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale, il legislatore, all’art. 19, comma 1, del T.U. n. 165/2001, ha sancito l’obbligo di tener conto, <em>in relazione alla natura e alle</em> <em>caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti </em>con<em> </em>riferimento agli obiettivi fissati negli atti di indirizzo<em>.</em></font></font></span></p><p align="justify"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span style="font-size: 11pt">Invero, la delega impartita al legislatore dalla legge n. 15/2009, art. 6, comma 2, lett. h), consiste nel<span> </span>“</span><em><font size="3">ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai principi di trasparenza e pubblicità ed ai principi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento dell’incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione, e ridefinire, altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica entro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi”.</font></em></font></font></p><p align="justify"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><font size="3">In attuazione della legge delega da ultimo citata, il</font><span style="font-size: 11pt"> D. Lgs. n. 150/2009 (cd. decreto Brunetta), al Capo II, art. 37,<span> </span>introduttivo delle disposizioni dettate in tema di <strong>Dirigenza pubblica</strong> sancisce che </span><em><font size="3">“Le disposizioni del presente capo modificano la disciplina della dirigenza pubblica per conseguire la migliore organizzazione del lavoro e assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico, di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, e di rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell'indirizzo politico in ambito amministrativo”. </font></em></font></font></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Orbene, in merito al conferimento degli incarichi dirigenziali, la Corte di Cassazione, Sez. lav, con la sentenza del 14 aprile 2008 n. 9814, inserendosi nel solco interpretativo già tracciato da un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Trib. Grosseto, 11.02.2008 in tema di buona fede nel conferimento degli incarichi di posizione organizzativa) ha di recente affermato la sussistenza, in capo all’amministrazione datrice di lavoro, dell’obbligo di rispettare, nell’adozione di atti inerenti al conferimento degli incarichi dirigenziali, <em>le clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) applicabili alla stregua dei principi di imparzialità di buon andamento di cui all’art. 97 Cost..</em></font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">In particolare, la Suprema Corte ha precisato che<em> </em>“<em>laddove l’Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile un inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile</em>”<em>.</em></font></font></span><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><em><span style="font-size: 11pt"><span> </span></span></em><span style="font-size: 11pt">Ciò nondimeno, seppure si configuri in capo alla P.A. l’obbligo di effettuare valutazioni orientate al rispetto dei criteri di buona fede e correttezza rendendo esplicite le relative ragioni giustificatrici, non può non evidenziarsi che, nell’attribuzione degli incarichi, i dirigenti restano esclusi dalla garanzia dell’equivalenza delle funzioni.</span></font></font></p><p align="justify"><font color="#000000"></font><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">A tal riguardo, va precisato che la seconda parte del citato art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001, disponendo che <em>“al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi dirigenziali diversi non si applica l’art. 2103 del codice civile</em>”<em>, </em>consente all’Amministrazione di destinare il dirigente, il cui incarico sia giunto a scadenza, ad altra funzione (anche non equivalente sul piano dei contenuti professionali) sancendo, quindi, una sostanziale fungibilità ed equivalenza sul piano giuridico di tutti gli incarichi dirigenziali.</font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">D’altronde, laddove si negasse il potere in capo all’Amministrazione di conferire ai dirigenti, alla scadenza del precedente incarico, nuove funzioni in servizi ad essi ritenuti più confacenti o di alternare altri più validi dirigenti alla guida dei servizi pubblici, verrebbe a configurarsi una sorta di ipotesi di “inamovibilità”, inaccettabile, tanto più nei casi in cui gli innovati incarichi dirigenziali abbiano come presupposto idonee motivazioni basate su reali ragioni organizzative (cfr. Trib. Ravenna, ord. 29.06.2007 in tema di revoca anticipata dell’incarico dirigenziale per sopravvenuta incompatibilità ambientale conseguente alla presunta commissione di reati da parte del dirigente). </font></font></span><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">E' allora ben evidente che, in materia di conferimento di incarichi dirigenziali, il lavoratore non vanta un diritto soggettivo alla conferma dell’incarico, bensì, conformemente anche al principio di temporaneità degli incarichi dirigenziali, ciò che può rivendicare è il diritto di essere valutato correttamente, alla stregua dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione. </font></font></span><span style="font-size: 11pt"><font face="Times New Roman" color="#000000"> </font></span></p><p align="center"><font color="#0000ff"><strong><em><font size="3"><font face="Times New Roman" style="font-size: 18px">Obbligo di correttezza e buona fede nel conferimento degli incarichi dirigenziali</font></font></em></strong><font face="Times New Roman" size="3"> </font></font></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">La normativa sul pubblico impiego pone grande attenzione al ruolo del dirigente pubblico il quale, in ragione delle competenze e responsabilità inerenti l’attuazione dei programmi e la gestione delle risorse umane e finanziarie, costituisce una delle più importanti leve per il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, indispensabili presupposti per la crescita del nostro Paese.</font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">E’ noto che, con riguardo al conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale, il legislatore, all’art. 19, comma 1, del T.U. n. 165/2001, ha sancito l’obbligo di tener conto, <em>in relazione alla natura e alle</em> <em>caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti </em>con<em> </em>riferimento agli obiettivi fissati negli atti di indirizzo<em>.</em></font></font></span></p><p align="justify"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span style="font-size: 11pt">Invero, la delega impartita al legislatore dalla legge n. 15/2009, art. 6, comma 2, lett. h), consiste nel<span> </span>“</span><em><font size="3">ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai principi di trasparenza e pubblicità ed ai principi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento dell’incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione, e ridefinire, altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica entro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi”.</font></em></font></font></p><p align="justify"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><font size="3">In attuazione della legge delega da ultimo citata, il</font><span style="font-size: 11pt"> D. Lgs. n. 150/2009 (cd. decreto Brunetta), al Capo II, art. 37,<span> </span>introduttivo delle disposizioni dettate in tema di <strong>Dirigenza pubblica</strong> sancisce che </span><em><font size="3">“Le disposizioni del presente capo modificano la disciplina della dirigenza pubblica per conseguire la migliore organizzazione del lavoro e assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico, di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, e di rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell'indirizzo politico in ambito amministrativo”. </font></em></font></font></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Orbene, in merito al conferimento degli incarichi dirigenziali, la Corte di Cassazione, Sez. lav, con la sentenza del 14 aprile 2008 n. 9814, inserendosi nel solco interpretativo già tracciato da un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Trib. Grosseto, 11.02.2008 in tema di buona fede nel conferimento degli incarichi di posizione organizzativa) ha di recente affermato la sussistenza, in capo all’amministrazione datrice di lavoro, dell’obbligo di rispettare, nell’adozione di atti inerenti al conferimento degli incarichi dirigenziali, <em>le clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) applicabili alla stregua dei principi di imparzialità di buon andamento di cui all’art. 97 Cost..</em></font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">In particolare, la Suprema Corte ha precisato che<em> </em>“<em>laddove l’Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile un inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile</em>”<em>.</em></font></font></span><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><em><span style="font-size: 11pt"><span> </span></span></em><span style="font-size: 11pt">Ciò nondimeno, seppure si configuri in capo alla P.A. l’obbligo di effettuare valutazioni orientate al rispetto dei criteri di buona fede e correttezza rendendo esplicite le relative ragioni giustificatrici, non può non evidenziarsi che, nell’attribuzione degli incarichi, i dirigenti restano esclusi dalla garanzia dell’equivalenza delle funzioni.</span></font></font></p><p align="justify"><font color="#000000"></font><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">A tal riguardo, va precisato che la seconda parte del citato art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001, disponendo che <em>“al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi dirigenziali diversi non si applica l’art. 2103 del codice civile</em>”<em>, </em>consente all’Amministrazione di destinare il dirigente, il cui incarico sia giunto a scadenza, ad altra funzione (anche non equivalente sul piano dei contenuti professionali) sancendo, quindi, una sostanziale fungibilità ed equivalenza sul piano giuridico di tutti gli incarichi dirigenziali.</font></font></span></p><p align="justify"><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">D’altronde, laddove si negasse il potere in capo all’Amministrazione di conferire ai dirigenti, alla scadenza del precedente incarico, nuove funzioni in servizi ad essi ritenuti più confacenti o di alternare altri più validi dirigenti alla guida dei servizi pubblici, verrebbe a configurarsi una sorta di ipotesi di “inamovibilità”, inaccettabile, tanto più nei casi in cui gli innovati incarichi dirigenziali abbiano come presupposto idonee motivazioni basate su reali ragioni organizzative (cfr. Trib. Ravenna, ord. 29.06.2007 in tema di revoca anticipata dell’incarico dirigenziale per sopravvenuta incompatibilità ambientale conseguente alla presunta commissione di reati da parte del dirigente). </font></font></span><span style="font-size: 11pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">E' allora ben evidente che, in materia di conferimento di incarichi dirigenziali, il lavoratore non vanta un diritto soggettivo alla conferma dell’incarico, bensì, conformemente anche al principio di temporaneità degli incarichi dirigenziali, ciò che può rivendicare è il diritto di essere valutato correttamente, alla stregua dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione. </font></font></span><span style="font-size: 11pt"><font face="Times New Roman" color="#000000"> </font></span></p>Dirigenti pubblici 2009-12-03T21:19:57Z2009-12-03T21:19:57Zhttp://www.csddl.it/csddl/impiegati-dirigenti/dirigenti-pubblici.htmldi Marilena Corteseinfo@codexa.it<h2 class="contentheading" align="center"><a href="attachments/205_Dirigenti%20pubblici.pdf"><strong style="font-size: 18px">Dirigenti pubblici </strong></a></h2><p align="center"><strong>Marilena CORTESE</strong></p><p align="center"><strong>(da www.dirittodeilavori.it, Anno II n 1) </strong></p><h2 class="contentheading" align="center"><a href="attachments/205_Dirigenti%20pubblici.pdf"><strong style="font-size: 18px">Dirigenti pubblici </strong></a></h2><p align="center"><strong>Marilena CORTESE</strong></p><p align="center"><strong>(da www.dirittodeilavori.it, Anno II n 1) </strong></p>Spoil system all'italiana: recenti modifiche e intervento della Corte Costituzionale 2009-12-03T21:12:55Z2009-12-03T21:12:55Zhttp://www.csddl.it/csddl/impiegati-dirigenti/spoil-system-allitaliana-recenti-modifiche-e-intervento-della-corte-costituzionale.htmlMarilena Cortesedipierro@csddl.it<h2 style="font-size: 18px" class="contentheading" align="center"><a href="attachments/158_Spoil%20system.pdf"><strong>Spoil system all'italiana: recenti modifiche e intervento della Corte Costituzionale </strong></a></h2><p align="center"><strong>Marilena CORTESE</strong></p><p align="center"><strong>(da www.dirittodeilavori.it, Anno I n. 1) </strong></p><h2 style="font-size: 18px" class="contentheading" align="center"><a href="attachments/158_Spoil%20system.pdf"><strong>Spoil system all'italiana: recenti modifiche e intervento della Corte Costituzionale </strong></a></h2><p align="center"><strong>Marilena CORTESE</strong></p><p align="center"><strong>(da www.dirittodeilavori.it, Anno I n. 1) </strong></p>