Invalidità - CSDDL.it - Centro Studi Diritto Dei LavoriCentro Studi Diritto dei Lavori - Bisceglie - A cura dell'Avv. Antonio Belsito e del Prof. Gaetano Venetohttp://www.csddl.it/csddl/invalidita/atom.html2021-03-12T13:03:10ZJoomla! 1.5 - Open Source Content ManagementIl rischio precostituito nella invalidità pensionabile2013-04-04T17:52:32Z2013-04-04T17:52:32Zhttp://www.csddl.it/csddl/invalidita-e-malattie-professionali/il-rischio-precostituito-nella-invalidita-pensionabile.htmldi Mario Di Coratoinfo@codexa.it<p align="center"><strong><font color="#003366"><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 12pt">IL RISCHIO PRECOSTITUITO NELLA INVALIDITA’ PENSIONABILE</span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span></font></strong></p><p align="center"><em><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"><font color="#000000">di Mario Di Corato</font></span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></em></p><p align="justify"><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Come è noto con la legge 12 <span>giugno 1984, n. 222 il legislatore ha completamente rivisto la disciplina della invalidità pensionabile, sostituendo alla precedente nozione di capacità di guadagno la nozione di capacità di lavoro e prevedendo due eventi che danno luogo, al loro verificarsi, a due prestazioni diverse: l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">In passato, invece, il riferimento alla riduzione della capacità di guadagno comportava non soltanto un giudizio medico-legale sull’idoneità psico-fisica del soggetto al lavoro, ma insieme a questo concorreva anche una valutazione di carattere socio-economico sulle sue possibilità concrete di guadagno all’interno dello specifico mercato del lavoro nel quale si trovava a vivere. In questo modo il trattamento di invalidità ha conosciuto una vastissima applicazione specie nelle aree più depresse del nostro paese finendo con l’assumere una impropria funzione assistenziale di tutela generica della disoccupazione e di integrazione del reddito per centinaia di migliaia di famiglie.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Il nuovo concetto di invalidità ha fatto sorgere una questione di grande rilievo sul piano dei principi che è quella relativa al cosiddetto “ rischio precostituito”. Si intende per tale la condizione del soggetto già invalido prima dell’inizio del rapporto assicurativo. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nella vigenza dell’art.10 del R.d.l. n. 636 del 1939 si era consolidata una giurisprudenza che escludeva la possibilità di erogare la pensione di invalidità quando il rischio si era già verificato.</span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">A base di questa giurisprudenza era la convinzione che alla tutela previdenziale potessero applicarsi in virtù del richiamo dell’art. 1886 del c.c. – in base al quale le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali e, in mancanza, si applicano le norme del contratti di assicurazione provata – le norme di cui all’art. 1895 dello stesso codice, che dichiara nullo il contratto di assicurazione quando il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto stesso.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">La profonda evoluzione subita dal fondamento della tutela previdenziale derivante dall’art. 38 della Costituzione ha superato la norma di richiamo di cui all’art. 1886 c.c.. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Con due sentenze la Corte Costituzionale, pur escludendo l’applicabilità delle disposizioni del codice civile, aveva concluso che l’elemento del rischio precostituito doveva ritenersi insito anche nel precetto dell’art. 38, 2° comma, della Costituzione.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Ad avviso della Corte la disciplina dell’invalidità pensionabile comportava la conseguenza che il soggetto il quale si inseriva nel mondo del lavoro con capacità ridotta oltre il terzo, non avrebbe<span> </span>potuto mai conseguire la pensione di invalidità, pur essendo tenuto alla contribuzione. E ciò anche nell’ipotesi di una riduzione ulteriore della capacità di guadagno. La Corte, nel giudicare irrazionale tale disciplina, ha considerato che l’alea che legittima la tutela è rappresentata dalla eventuale modificazione della situazione preesistente a causa dell’aggravarsi delle infermità già in atto o dell’intervento di nuove infermità. ULteriori questioni si pongono in rapporto alle ipotesi nelle quali la manomazione della cpacità lavorativa sia dovuta a dolo o a colpa dell'assicurato</span><span>. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nel caso di dolo, cioè di una menomazione procuratasi dal soggetto con la finalità di ottenere la prestazione, è applicabile l’art. 40 del d.P.R. n. 488/1968 che prevede nel fatto un reato.</span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Rilevante è perciò l’intenzione rivolta a procurare la prestazione. Ne consegue che qualora lo stato invalidante derivi da tentato suicidio non può negarsi la concessione della prestazione di invalidità, sussistendone beninteso i requisiti. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">In tale ipotesi, infatti, l’azione del soggetto è volontaria, ma certamente non rivolta all’intento di conseguire la prestazione.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nemmeno rileva ai fini preclusivi della prestazione l’eventuale colpa del soggetto nella determinazione dello stato invalidante. Ciò sia perché a questi fini la legge contempla esclusivamente l’ipotesi del dolo, sia perché esistono numerosi fattori che determinano l’insorgere e l’aggravarsi delle infermità indipendentemente dal comportamento tenuto dal soggetto. Anche nel caso di etilismo o di uso di droghe non sussiste la condizione preclusiva all’erogazione della prestazione in invalidità, salvo che si verifichi l’ipotesi, altamente improbabile, di una condotta del soggetto intenzionalmente finalizzata alla precostituzione delle condizioni per l’erogazione della pensione</span><span>.</span></span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span></p><p align="center"><strong><font color="#003366"><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 12pt">IL RISCHIO PRECOSTITUITO NELLA INVALIDITA’ PENSIONABILE</span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span></font></strong></p><p align="center"><em><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"><font color="#000000">di Mario Di Corato</font></span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></em></p><p align="justify"><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Come è noto con la legge 12 <span>giugno 1984, n. 222 il legislatore ha completamente rivisto la disciplina della invalidità pensionabile, sostituendo alla precedente nozione di capacità di guadagno la nozione di capacità di lavoro e prevedendo due eventi che danno luogo, al loro verificarsi, a due prestazioni diverse: l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">In passato, invece, il riferimento alla riduzione della capacità di guadagno comportava non soltanto un giudizio medico-legale sull’idoneità psico-fisica del soggetto al lavoro, ma insieme a questo concorreva anche una valutazione di carattere socio-economico sulle sue possibilità concrete di guadagno all’interno dello specifico mercato del lavoro nel quale si trovava a vivere. In questo modo il trattamento di invalidità ha conosciuto una vastissima applicazione specie nelle aree più depresse del nostro paese finendo con l’assumere una impropria funzione assistenziale di tutela generica della disoccupazione e di integrazione del reddito per centinaia di migliaia di famiglie.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Il nuovo concetto di invalidità ha fatto sorgere una questione di grande rilievo sul piano dei principi che è quella relativa al cosiddetto “ rischio precostituito”. Si intende per tale la condizione del soggetto già invalido prima dell’inizio del rapporto assicurativo. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nella vigenza dell’art.10 del R.d.l. n. 636 del 1939 si era consolidata una giurisprudenza che escludeva la possibilità di erogare la pensione di invalidità quando il rischio si era già verificato.</span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">A base di questa giurisprudenza era la convinzione che alla tutela previdenziale potessero applicarsi in virtù del richiamo dell’art. 1886 del c.c. – in base al quale le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali e, in mancanza, si applicano le norme del contratti di assicurazione provata – le norme di cui all’art. 1895 dello stesso codice, che dichiara nullo il contratto di assicurazione quando il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto stesso.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">La profonda evoluzione subita dal fondamento della tutela previdenziale derivante dall’art. 38 della Costituzione ha superato la norma di richiamo di cui all’art. 1886 c.c.. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Con due sentenze la Corte Costituzionale, pur escludendo l’applicabilità delle disposizioni del codice civile, aveva concluso che l’elemento del rischio precostituito doveva ritenersi insito anche nel precetto dell’art. 38, 2° comma, della Costituzione.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Ad avviso della Corte la disciplina dell’invalidità pensionabile comportava la conseguenza che il soggetto il quale si inseriva nel mondo del lavoro con capacità ridotta oltre il terzo, non avrebbe<span> </span>potuto mai conseguire la pensione di invalidità, pur essendo tenuto alla contribuzione. E ciò anche nell’ipotesi di una riduzione ulteriore della capacità di guadagno. La Corte, nel giudicare irrazionale tale disciplina, ha considerato che l’alea che legittima la tutela è rappresentata dalla eventuale modificazione della situazione preesistente a causa dell’aggravarsi delle infermità già in atto o dell’intervento di nuove infermità. ULteriori questioni si pongono in rapporto alle ipotesi nelle quali la manomazione della cpacità lavorativa sia dovuta a dolo o a colpa dell'assicurato</span><span>. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nel caso di dolo, cioè di una menomazione procuratasi dal soggetto con la finalità di ottenere la prestazione, è applicabile l’art. 40 del d.P.R. n. 488/1968 che prevede nel fatto un reato.</span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Rilevante è perciò l’intenzione rivolta a procurare la prestazione. Ne consegue che qualora lo stato invalidante derivi da tentato suicidio non può negarsi la concessione della prestazione di invalidità, sussistendone beninteso i requisiti. </span></span><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">In tale ipotesi, infatti, l’azione del soggetto è volontaria, ma certamente non rivolta all’intento di conseguire la prestazione.</span></span></p><p align="justify"><span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt">Nemmeno rileva ai fini preclusivi della prestazione l’eventuale colpa del soggetto nella determinazione dello stato invalidante. Ciò sia perché a questi fini la legge contempla esclusivamente l’ipotesi del dolo, sia perché esistono numerosi fattori che determinano l’insorgere e l’aggravarsi delle infermità indipendentemente dal comportamento tenuto dal soggetto. Anche nel caso di etilismo o di uso di droghe non sussiste la condizione preclusiva all’erogazione della prestazione in invalidità, salvo che si verifichi l’ipotesi, altamente improbabile, di una condotta del soggetto intenzionalmente finalizzata alla precostituzione delle condizioni per l’erogazione della pensione</span><span>.</span></span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span><span style="font-family: 'Verdana','sans-serif'; font-size: 10pt"> </span></p>Trasmissione telematica dei certificati di malattia2010-05-03T17:01:36Z2010-05-03T17:01:36Zhttp://www.csddl.it/csddl/invalidita-e-malattie-professionali/trasmissione-telematica-dei-certificati-di-malattia.htmldi Mario Di Coratoinfo@codexa.it<p style="text-align: center; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#0000ff"><strong>TRASMISSIONE TELEMATICA DEI CERTIFICATI DI MALATTIA</strong></font></p><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"> </font> <p style="text-align: center; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"><em>di<span> </span>Mario Di Corato</em></font></p><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"> </font> <p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19.3.2010 è stato pubblicato il decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero del lavoro ed il Ministero dell’economia e delle finanze del 26.2.10 relativo alla trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’INPS. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Si è così concluso un lungo percorso normativo mediante il quale il legislatore, ispirandosi ai principi di sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’azione amministrativa ha disposto il collegamento in rete dei medici curanti.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Le istruzioni operative valgono sia per il settore privato che<span> </span>per il settore pubblico.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">A partire dal 19 giugno 2010 i medici dipendenti del SSN o in regime di convenzione sono tenuti a trasmettere all’Inps<span> </span>il certificato di malattia del lavoratore rilasciandone copia cartacea all’interessato.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In via transitoria, i medici possono, comunque, operare sin dal 3 aprile scorso, data di entrata in vigore della nuova normativa.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Il certificato così trasmesso viene ricevuto dall’Inps che lo mette a disposizione del cittadino intestatario, mediante accesso al sito internet dell’Istituto previa identificazione con PIN. L’attestato di malattia è reso disponibile per il datore di lavoro pubblico o privato, secondo le seguenti modalità:</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>- <span> i</span> medici acquisiscono ed inviano i certificati al sistema di accoglienza centrale (SAC) del<span> </span><span> </span>Ministero dell’economia e delle finanze che provvede ad inoltrarli all’Inps; inoltre possono<span> </span><span> </span>annullare i certificati entro il giorno successivo al rilascio e rettificare la data di fine prognosi;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>- <span> d</span>opo l’invio all’Inps, il SAC restituisce al medico il numero identificativo per la stampa del certificato e dell’attestato da consegnare, entrambi, al lavoratore;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> l</span>’Inps, sulla base delle informazioni presenti sulle proprie banche dati, individua<span> </span>il datore di lavoro al quale mettere a disposizione l’attestato; </font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> l</span>’Inps mette a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori, previo riconoscimento tramite PIN le funzioni di consultazione e di stampa dei certificati;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> i</span>nfine l’Inps canalizza verso i propri Uffici i certificati degli aventi diritto all’indennità di malattia ai fini di disporre le visite mediche di controllo e, nei casi previsti,<span> </span>il pagamento diretto delle prestazioni.<span> </span><span> </span></font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><em><span> </span></em><span> </span><span> </span>Considerate le novità – di non scarso rilievo – introdotte dalla più recente disciplina, ci si avvia a valutare quale sia il ruolo istituzionale del medico nei confronti del singolo cittadino-lavoratore e dell’Inps; dell’Inps nei confronti del cittadino-lavoratore e del datore di lavoro e quali possono essere (specie nell’arco di tempo di primo avviamento della nuova procedura) le conseguenze a carico o a vantaggio del “soggetto protetto”. </font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"> </p><span style="font-size: 10pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Fonte: circolare Inps n. 60 del 16/04/2010</font></font></span><p style="text-align: center; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#0000ff"><strong>TRASMISSIONE TELEMATICA DEI CERTIFICATI DI MALATTIA</strong></font></p><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"> </font> <p style="text-align: center; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"><em>di<span> </span>Mario Di Corato</em></font></p><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"> </font> <p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19.3.2010 è stato pubblicato il decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero del lavoro ed il Ministero dell’economia e delle finanze del 26.2.10 relativo alla trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’INPS. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Si è così concluso un lungo percorso normativo mediante il quale il legislatore, ispirandosi ai principi di sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’azione amministrativa ha disposto il collegamento in rete dei medici curanti.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Le istruzioni operative valgono sia per il settore privato che<span> </span>per il settore pubblico.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">A partire dal 19 giugno 2010 i medici dipendenti del SSN o in regime di convenzione sono tenuti a trasmettere all’Inps<span> </span>il certificato di malattia del lavoratore rilasciandone copia cartacea all’interessato.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In via transitoria, i medici possono, comunque, operare sin dal 3 aprile scorso, data di entrata in vigore della nuova normativa.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Il certificato così trasmesso viene ricevuto dall’Inps che lo mette a disposizione del cittadino intestatario, mediante accesso al sito internet dell’Istituto previa identificazione con PIN. L’attestato di malattia è reso disponibile per il datore di lavoro pubblico o privato, secondo le seguenti modalità:</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>- <span> i</span> medici acquisiscono ed inviano i certificati al sistema di accoglienza centrale (SAC) del<span> </span><span> </span>Ministero dell’economia e delle finanze che provvede ad inoltrarli all’Inps; inoltre possono<span> </span><span> </span>annullare i certificati entro il giorno successivo al rilascio e rettificare la data di fine prognosi;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>- <span> d</span>opo l’invio all’Inps, il SAC restituisce al medico il numero identificativo per la stampa del certificato e dell’attestato da consegnare, entrambi, al lavoratore;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> l</span>’Inps, sulla base delle informazioni presenti sulle proprie banche dati, individua<span> </span>il datore di lavoro al quale mettere a disposizione l’attestato; </font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> l</span>’Inps mette a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori, previo riconoscimento tramite PIN le funzioni di consultazione e di stampa dei certificati;</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><span> </span>-<span> i</span>nfine l’Inps canalizza verso i propri Uffici i certificati degli aventi diritto all’indennità di malattia ai fini di disporre le visite mediche di controllo e, nei casi previsti,<span> </span>il pagamento diretto delle prestazioni.<span> </span><span> </span></font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><font size="3"><font color="#000000"><font face="Times New Roman"><em><span> </span></em><span> </span><span> </span>Considerate le novità – di non scarso rilievo – introdotte dalla più recente disciplina, ci si avvia a valutare quale sia il ruolo istituzionale del medico nei confronti del singolo cittadino-lavoratore e dell’Inps; dell’Inps nei confronti del cittadino-lavoratore e del datore di lavoro e quali possono essere (specie nell’arco di tempo di primo avviamento della nuova procedura) le conseguenze a carico o a vantaggio del “soggetto protetto”. </font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"> </p><span style="font-size: 10pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Fonte: circolare Inps n. 60 del 16/04/2010</font></font></span>Le novità in materia di accertamenti sanitari per invalidità civile2010-04-19T19:12:05Z2010-04-19T19:12:05Zhttp://www.csddl.it/csddl/invalidita/le-novita-in-materia-di-accertamenti-sanitari-per-invalidita-civile.htmldi Giuseppina Calamitainfo@codexa.it<p align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#008000"><strong style="font-size: 18px">LE NOVITÀ IN MATERIA DI ACCERTAMENTI SANITARI PER INVALIDITÀ CIVILE ALLA LUCE DELL’ART. 20 D.L. 78/2009 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 102/2009</strong></font></p><p align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"><em>di Giuseppina Calamita</em></font></p><p align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Dal primo gennaio 2010 le domande per il riconoscimento dello <em>status</em> di invalido civile ai fini dell’ottenimento delle previste prestazioni economiche, nonché della disabilità ai fini della iscrizione nelle liste di collocamento e dell’handicap per la fruizione delle provvidenze di cui alla legge 104/1992, devono essere trasmesse all’INPS<span> </span>anziché alle ASL, esclusivamente in via telematica, previo inoltro del relativo certificato medico, sempre in via telematica, a cura del medico a ciò abilitato con apposita procedura e codice di accesso fornito dall’INPS, in base a quanto dispone l’art. 20 d.l. 78/2009 convertito con modificazioni dalla legge 102/2009.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">A parte la novità riguardante la designazione dell’INPS quale nuovo destinatario della fase di avvio dell’intero iter<span> </span>e le iniziali difficoltà per l’uso generalizzato delle modalità telematiche, a regime il sistema dovrebbe consentire quella accelerazione dei tempi di definizione, che ne è l’obiettivo principale.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Dopo la ricezione e l’abbinamento della domanda con il corrispondente certificato medico-che deve avvenire entro trenta giorni- la visita medica per l’accertamento sanitario è tuttora di competenza delle apposite commissioni mediche ASL<span> </span>istituite dall’art.1 comma 2 della legge 15 ottobre 1990,n.295, che però dal 1 gennaio 2010 devono essere integrate necessariamente da un medico INPS, come dispone appunto l’art.20, comma 1del d.l. in discorso.</font></p><p align="justify"><font color="#000000"><font size="3"><font face="Times New Roman">Infine, la nuova norma conclude affermando, in modo alquanto sbrigativo, che in ogni caso <span style="color: black">l'accertamento definitivo e' effettuato dall'INPS, senza null’altro precisare.</span></font></font></font> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Finora la procedura<span> </span>vigente e non espressamente abrogata<span> </span>prevedeva<span> </span>che i verbali con esito favorevole- e solo questi- venissero inoltrati, per il vaglio definitivo, alle apposite Commissioni mediche di verifica (l. 295/90 e DM 5 agosto 1991, n.387) le cui funzioni, precedentemente in capo al<span> </span>Ministero dell’ economia e delle finanze, sarebbero da ultimo transitate all’INPS (come disposto dall’art.10 del d.l. 203/2005 e conseguente DPCM 30/03/2007),<span> </span>che vi avrebbe provveduto con propri medici (vedi messaggio INPS n. 9493 del 12/04/2007) .</font></p><p align="justify"><span style="font-size: 12pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">L’INPS, con la circolare n.131 del 28/12/2009 di attuazione delle nuove norme, ha peraltro escluso dal nuovo <em>iter</em> procedurale tali Commissioni mediche di verifica provinciali, che hanno avuto pertanto vita brevissima, ed ha creato due categorie di verbali, quelli raggiunti all’unanimità e quelli a maggioranza , tutti da sottoporre al vaglio esclusivo del responsabile del proprio Centro Medico Legale, il quale diviene<span> </span>l’unico soggetto titolare della fase della<span> </span>“definitività”<span> </span>dell’accertamento, da sempre<span> </span>devoluta ad un organo collegiale. In pratica l’esatto opposto di ciò che avviene in quasi tutti gli altri campi, ad esempio nel contenzioso giudiziario, ove ad un primo grado monocratico segue un secondo grado affidato ad un collegio.</font></font></span> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font size="3"><font face="Times New Roman"><span style="color: black">Non c’è dubbio che la procedura risulti più semplificata, ma la questione è se sia possibile eliminare un organo quale la Commissione di verifica provinciale, in assenza di una abrogazione legislativa espressa. </span><font color="#000000">E ancora è da chiarire se<span> </span>il legislatore allorquando afferma che spetta all’INPS il giudizio definitivo si riferisce genericamente all’ente, che in tal caso è legittimato a individuare nel proprio seno i soggetti più idonei,o invece abbia semplicemente fatto rinvio appunto alle esistenti commissioni mediche di verifica provinciali.</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In conclusione, per ritenere legittima l’interpretazione fornita dall’INPS, si tratta di indagare se ci si trovi in presenza<span> </span>di una abrogazione implicita, che come è noto, ai sensi dell’art.15 delle preleggi al codice civile, si ha allorquando la nuova legge regola l’intera materia già regolata con legge anteriore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ad un primo esame non sembra<span> </span>che si versi in nessuna di queste due ipotesi: la prima infatti non ricorre in quanto la nuova norma, sia per il contenuto<span> </span>che per la collocazione e la titolazione, non regola l’intera materia, invero per altri versi già campo travagliato di numerosissimi interventi legislativi parziali, talora poco coerenti, continuamente rivisitati, che tuttavia progressivamente nel loro insieme hanno contribuito a costituire un <em>corpus</em> complesso di norme finalmente approdate ad una fisionomia compiuta;nemmeno sembra ricorrere la seconda ipotesi di abrogazione, poichè<span> </span>manca<span> </span>una qualsivoglia nuova e contrastante disciplina in materia. Infatti, sotto il profilo degli accertamenti sanitari,<span> </span>sono solo due, si ribadisce, le affermazioni contenute nella nuova norma:la prima relativa alla composizione delle commissioni mediche ASL,<span> </span>integrate con un medico INPS; la seconda in merito all’attribuzione all’INPS del giudizio definitivo .</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><span style="font-size: 12pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Ripercorrendo a ritroso la storia delle competenze nella materia che ci occupa, si rileva che le commissioni mediche di verifica, pur nel variare della composizione e dell’organo di appartenenza, hanno storicamente avuto il compito del controllo dei verbali delle ASL e del giudizio definitivo sugli stessi, compito mantenuto da ultimo anche in occasione del passaggio delle competenze all’INPS in virtù del ricordato art.10 del d.l.203/2005. per cui<span> </span>in tale sede l’ente già si pronunciava in via definitiva. </font></font></span></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Non sembra pertanto che la ribadita attribuzione all’INPS<span> </span>della pronuncia definitiva sugli accertamenti sanitari per invalidità civile <em>tout court </em>possa condurre alla conclusione della abrogazione delle commissioni di verifica.Va anche ricordato che da ultimo la struttura<span> </span>delle stesse prevedeva la presenza di tre medici, di cui uno in funzione di presidente, e l’intervento dei medici rappresentanti delle categorie di appartenenza del soggetto invalido, presenza confermata dall’art.10 d.l. 203/2005:<span> </span>nel nuovo assetto, stando almeno alla prassi amministrativa da poco instaurata, questi importantissimi soggetti, cioè i medici rappresentanti delle categorie di invalidi, non intervengono affatto<span> </span>in seconda battuta. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Approfondendo l’indagine su questi soli scarni elementi, resta da approfondire ulteriormente se nella odierna introduzione della presenza del medico INPS nelle commissioni ASL si possa ravvisare quella incompatibilità che potrebbe portare<span> </span>all’abrogazione implicita secondo legge delle commissioni mediche di verifica.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In effetti<span> </span>la presenza del medico INPS presso due commissioni gerarchicamente collegate comporterebbe che la seconda si dovrebbe pronunciare sull’operato della prima, con possibili esiti contraddittori.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ma anche nella procedura per l’accertamento della invalidità ordinaria in seno all’INPS il collegio che, a seguito di ricorso amministrativo gerarchico improprio, rivede il giudizio espresso in occasione del primo esame sanitario, è composto da medici INPS, naturalmente non gli stessi del primo grado..</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Non sembra quindi che su questo punto si possa intravedere l’elemento della incompatibilità di cui si è alla ricerca, tenendo presente, particolare non trascurabile, che a differenza di quanto accade per le pensioni di invalidità contributive per quelle di invalidità civile da tempo è stato soppresso il ricorso amministrativo.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Per cui, se si vuole aderire alla nuova organizzazione, ritenendola legittima, sarebbe auspicabile quanto meno la reintroduzione del ricorso amministrativo.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ad ogni modo se si accede alle conclusioni, in qualche modo controverse, fatte proprie dall’Ente di previdenza,<span> </span>la portata delle innovazioni dell’art. 20 del d.l. 78/09 è superiore a quel che appare a prima vista. Infatti per quanto riguarda gli accertamenti sanitari, si assiste al tramonto delle commissioni di verifica, alla impossibilità di intervento dei medici di categoria in sede di vaglio dei verbali emessi dalle commissioni ASL su cui non si è raggiunta l’unanimità, al potere non censurabile del responsabile del centro medico legale dell’INPS, in conseguenza della scomparsa di fatto della collegialità. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Per altri versi, con<span> </span>questa riforma dell’iter per l’accertamento sanitario della invalidità civile si constata una<span> </span>sia pur lenta, ma progressiva<span> </span>attuazione dei principi<span> </span>enunciati dalla legge 335/1995, art. 3 comma 3, i quali nel disegno originario dovrebbero portare ad accentrare in un unico soggetto l’accertamento delle condizioni di invalidità civile, di lavoro o di servizio. </font></p><p align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#008000"><strong style="font-size: 18px">LE NOVITÀ IN MATERIA DI ACCERTAMENTI SANITARI PER INVALIDITÀ CIVILE ALLA LUCE DELL’ART. 20 D.L. 78/2009 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 102/2009</strong></font></p><p align="center"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000"><em>di Giuseppina Calamita</em></font></p><p align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Dal primo gennaio 2010 le domande per il riconoscimento dello <em>status</em> di invalido civile ai fini dell’ottenimento delle previste prestazioni economiche, nonché della disabilità ai fini della iscrizione nelle liste di collocamento e dell’handicap per la fruizione delle provvidenze di cui alla legge 104/1992, devono essere trasmesse all’INPS<span> </span>anziché alle ASL, esclusivamente in via telematica, previo inoltro del relativo certificato medico, sempre in via telematica, a cura del medico a ciò abilitato con apposita procedura e codice di accesso fornito dall’INPS, in base a quanto dispone l’art. 20 d.l. 78/2009 convertito con modificazioni dalla legge 102/2009.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">A parte la novità riguardante la designazione dell’INPS quale nuovo destinatario della fase di avvio dell’intero iter<span> </span>e le iniziali difficoltà per l’uso generalizzato delle modalità telematiche, a regime il sistema dovrebbe consentire quella accelerazione dei tempi di definizione, che ne è l’obiettivo principale.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Dopo la ricezione e l’abbinamento della domanda con il corrispondente certificato medico-che deve avvenire entro trenta giorni- la visita medica per l’accertamento sanitario è tuttora di competenza delle apposite commissioni mediche ASL<span> </span>istituite dall’art.1 comma 2 della legge 15 ottobre 1990,n.295, che però dal 1 gennaio 2010 devono essere integrate necessariamente da un medico INPS, come dispone appunto l’art.20, comma 1del d.l. in discorso.</font></p><p align="justify"><font color="#000000"><font size="3"><font face="Times New Roman">Infine, la nuova norma conclude affermando, in modo alquanto sbrigativo, che in ogni caso <span style="color: black">l'accertamento definitivo e' effettuato dall'INPS, senza null’altro precisare.</span></font></font></font> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Finora la procedura<span> </span>vigente e non espressamente abrogata<span> </span>prevedeva<span> </span>che i verbali con esito favorevole- e solo questi- venissero inoltrati, per il vaglio definitivo, alle apposite Commissioni mediche di verifica (l. 295/90 e DM 5 agosto 1991, n.387) le cui funzioni, precedentemente in capo al<span> </span>Ministero dell’ economia e delle finanze, sarebbero da ultimo transitate all’INPS (come disposto dall’art.10 del d.l. 203/2005 e conseguente DPCM 30/03/2007),<span> </span>che vi avrebbe provveduto con propri medici (vedi messaggio INPS n. 9493 del 12/04/2007) .</font></p><p align="justify"><span style="font-size: 12pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">L’INPS, con la circolare n.131 del 28/12/2009 di attuazione delle nuove norme, ha peraltro escluso dal nuovo <em>iter</em> procedurale tali Commissioni mediche di verifica provinciali, che hanno avuto pertanto vita brevissima, ed ha creato due categorie di verbali, quelli raggiunti all’unanimità e quelli a maggioranza , tutti da sottoporre al vaglio esclusivo del responsabile del proprio Centro Medico Legale, il quale diviene<span> </span>l’unico soggetto titolare della fase della<span> </span>“definitività”<span> </span>dell’accertamento, da sempre<span> </span>devoluta ad un organo collegiale. In pratica l’esatto opposto di ciò che avviene in quasi tutti gli altri campi, ad esempio nel contenzioso giudiziario, ove ad un primo grado monocratico segue un secondo grado affidato ad un collegio.</font></font></span> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font size="3"><font face="Times New Roman"><span style="color: black">Non c’è dubbio che la procedura risulti più semplificata, ma la questione è se sia possibile eliminare un organo quale la Commissione di verifica provinciale, in assenza di una abrogazione legislativa espressa. </span><font color="#000000">E ancora è da chiarire se<span> </span>il legislatore allorquando afferma che spetta all’INPS il giudizio definitivo si riferisce genericamente all’ente, che in tal caso è legittimato a individuare nel proprio seno i soggetti più idonei,o invece abbia semplicemente fatto rinvio appunto alle esistenti commissioni mediche di verifica provinciali.</font></font></font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In conclusione, per ritenere legittima l’interpretazione fornita dall’INPS, si tratta di indagare se ci si trovi in presenza<span> </span>di una abrogazione implicita, che come è noto, ai sensi dell’art.15 delle preleggi al codice civile, si ha allorquando la nuova legge regola l’intera materia già regolata con legge anteriore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ad un primo esame non sembra<span> </span>che si versi in nessuna di queste due ipotesi: la prima infatti non ricorre in quanto la nuova norma, sia per il contenuto<span> </span>che per la collocazione e la titolazione, non regola l’intera materia, invero per altri versi già campo travagliato di numerosissimi interventi legislativi parziali, talora poco coerenti, continuamente rivisitati, che tuttavia progressivamente nel loro insieme hanno contribuito a costituire un <em>corpus</em> complesso di norme finalmente approdate ad una fisionomia compiuta;nemmeno sembra ricorrere la seconda ipotesi di abrogazione, poichè<span> </span>manca<span> </span>una qualsivoglia nuova e contrastante disciplina in materia. Infatti, sotto il profilo degli accertamenti sanitari,<span> </span>sono solo due, si ribadisce, le affermazioni contenute nella nuova norma:la prima relativa alla composizione delle commissioni mediche ASL,<span> </span>integrate con un medico INPS; la seconda in merito all’attribuzione all’INPS del giudizio definitivo .</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><span style="font-size: 12pt"><font color="#000000"><font face="Times New Roman">Ripercorrendo a ritroso la storia delle competenze nella materia che ci occupa, si rileva che le commissioni mediche di verifica, pur nel variare della composizione e dell’organo di appartenenza, hanno storicamente avuto il compito del controllo dei verbali delle ASL e del giudizio definitivo sugli stessi, compito mantenuto da ultimo anche in occasione del passaggio delle competenze all’INPS in virtù del ricordato art.10 del d.l.203/2005. per cui<span> </span>in tale sede l’ente già si pronunciava in via definitiva. </font></font></span></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Non sembra pertanto che la ribadita attribuzione all’INPS<span> </span>della pronuncia definitiva sugli accertamenti sanitari per invalidità civile <em>tout court </em>possa condurre alla conclusione della abrogazione delle commissioni di verifica.Va anche ricordato che da ultimo la struttura<span> </span>delle stesse prevedeva la presenza di tre medici, di cui uno in funzione di presidente, e l’intervento dei medici rappresentanti delle categorie di appartenenza del soggetto invalido, presenza confermata dall’art.10 d.l. 203/2005:<span> </span>nel nuovo assetto, stando almeno alla prassi amministrativa da poco instaurata, questi importantissimi soggetti, cioè i medici rappresentanti delle categorie di invalidi, non intervengono affatto<span> </span>in seconda battuta. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"> </p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Approfondendo l’indagine su questi soli scarni elementi, resta da approfondire ulteriormente se nella odierna introduzione della presenza del medico INPS nelle commissioni ASL si possa ravvisare quella incompatibilità che potrebbe portare<span> </span>all’abrogazione implicita secondo legge delle commissioni mediche di verifica.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">In effetti<span> </span>la presenza del medico INPS presso due commissioni gerarchicamente collegate comporterebbe che la seconda si dovrebbe pronunciare sull’operato della prima, con possibili esiti contraddittori.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ma anche nella procedura per l’accertamento della invalidità ordinaria in seno all’INPS il collegio che, a seguito di ricorso amministrativo gerarchico improprio, rivede il giudizio espresso in occasione del primo esame sanitario, è composto da medici INPS, naturalmente non gli stessi del primo grado..</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Non sembra quindi che su questo punto si possa intravedere l’elemento della incompatibilità di cui si è alla ricerca, tenendo presente, particolare non trascurabile, che a differenza di quanto accade per le pensioni di invalidità contributive per quelle di invalidità civile da tempo è stato soppresso il ricorso amministrativo.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Per cui, se si vuole aderire alla nuova organizzazione, ritenendola legittima, sarebbe auspicabile quanto meno la reintroduzione del ricorso amministrativo.</font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Ad ogni modo se si accede alle conclusioni, in qualche modo controverse, fatte proprie dall’Ente di previdenza,<span> </span>la portata delle innovazioni dell’art. 20 del d.l. 78/09 è superiore a quel che appare a prima vista. Infatti per quanto riguarda gli accertamenti sanitari, si assiste al tramonto delle commissioni di verifica, alla impossibilità di intervento dei medici di categoria in sede di vaglio dei verbali emessi dalle commissioni ASL su cui non si è raggiunta l’unanimità, al potere non censurabile del responsabile del centro medico legale dell’INPS, in conseguenza della scomparsa di fatto della collegialità. </font></p><p style="text-align: justify; margin: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal" align="justify"><font face="Times New Roman" size="3" color="#000000">Per altri versi, con<span> </span>questa riforma dell’iter per l’accertamento sanitario della invalidità civile si constata una<span> </span>sia pur lenta, ma progressiva<span> </span>attuazione dei principi<span> </span>enunciati dalla legge 335/1995, art. 3 comma 3, i quali nel disegno originario dovrebbero portare ad accentrare in un unico soggetto l’accertamento delle condizioni di invalidità civile, di lavoro o di servizio. </font></p>Tutela degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali2010-02-18T10:17:09Z2010-02-18T10:17:09Zhttp://www.csddl.it/csddl/invalidita/tutela-degli-infortuni-sul-lavoro-e-delle-malattie-professionali.htmldi Pierfrancecso Damascoinfo@codexa.it<p align="justify"><font color="#ff6600"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">INTERVENTO DEL CONSIGLIO DI STATO IN MATERIA DI ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E MALATTIE PROFESSIONALI - SENTENZA N. 1576 DEL 17.3.2009 E ANNULLAMENTO DELLA CIRCOLARE INAIL N. 73/2003 – ASPETTI PROBLEMATICI </span></strong><strong><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> </span></em></strong></font></p><p align="center"><strong></strong><strong><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"><font color="#333333">di Pierfrancesco Damasco</font> </font></span></em></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Con la sentenza n. 1576 del 17.3.2009, il Consiglio di Stato si confronta nuovamente con il sistema assicurativo pubblico di tutela degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, sancendo principi che hanno creato spunti di riflessione e problematiche applicative.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La pronuncia infatti, ad una prima lettura, sembra suggerire, un percorso orientato in una direzione diametralmente opposta rispetto a quella individuata negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione nella medesima materia (la tutela indennitaria delle malattie professionali).</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ha inoltre sollevato, come in tutti i casi di annullamento di Circolari organizzative, una serie di problematiche che attengono al profilo del confronto fra la trattazione della pratiche derivanti dalla denuncia di malattie professionali indotte da costrittività organizzativa, e la più ampia trattazione delle pratiche derivanti da denuncia di malattia professionale gestita dall’INAIL.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il contemporaneo e successivo varo, nel maggio del 2008, del nuovo D.M. inerente la tabellazione di nuove m.p. e lavorazioni potenzialmente pericolose, rimasto estraneo alla vicenda giudiziaria che ci occupa, come pure la persistenza nel nostro sistema normativo dell’art. 139, comma 1, del T.U. 1124/65, hanno inoltre ingenerato numerosi dubbi sulla reale utilità pratica della pronuncia del marzo del 2009.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Proviamo, col presente lavoro, ad evidenziare gli elementi di contrasto che emergono fra la Giurisprudenza creata dal Consiglio di Stato con la sentenza in esame, e gli approdi più recenti cui era giunta la Corte di Cassazione quando si è occupata, a livello più ampio, della medesima vicenda; proveremo inoltre a evidenziare altri contrasti che emergono dal confronto fra la Giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione quando si sono occupate della materia previdenziale gestita dall’INAIL; ed infine ci occuperemo del problema dell’utilità pratica della sentenza 1576 del 2009.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Breve esame dei fatti di causa che hanno condotto alla sentenza n. 1576 del 17.3.2009 del Consiglio di Stato</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In data 17.12.2003 il Consiglio di Amministrazione dell’INAIL approvava la Circolare recante il n. 73, intitolata “<em>Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro. Rischio tutelato e diagnosi di malattia professionale. Modalità di trattazione delle pratiche</em>”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A mezzo di detto atto normativo interno, l’Istituto emanava una serie di direttive organizzative concernenti l’uniforme trattazione sul territorio di quelle patologie che risultavano denunciate all’INAIL medesimo in quanto ritenute derivanti dall’organizzazione lavorativa ed aziendale, nonchè dal ciclo produttivo. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tali aspetti lavorativi, se distorti, potevano costituire rischi etiologicamente legati all’insorgere di conseguenze infauste per la salute del lavoratore (in applicazione dei dicta di Corte Cost. 179/88 e dell’art. 10, co. IV del D. Lgs. 38/2000). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Circolare enumerava a scopo esemplificativo alcuni rischi tipici che erano stati rinvenuti dall’esame di circa 200 denunce di presunte m.p. di tipo psichico derivanti da organizzazione lavorativa distorta. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Infine, come atto di indirizzo per le strutture periferiche dell’Istituto, suggeriva i percorsi amministrativi da seguire per la completa istruttoria di questa particolare, ma allo stesso tempo ordinaria, categoria di m.p.. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A parere dell'Istituto, tutte le situazioni di "costrittività organizzativa" (per esempio: lo svuotamento di mansioni o la mancata assegnazione degli strumenti di lavoro) al pari di quelle di "mobbing strategico" (gli atteggiamenti strategicamente ostili delle aziende per promuovere l'allontanamento di soggetti in qualche modo scomodi), purché ricollegabili a finalità professionali, dovevano rientrare nel rischio tutelato (restavano, invece, esclusi fattori organizzativo/gestionali legati al normale svolgimento del rapporto quali il trasferimento, il licenziamento, etc). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Circolare forniva anche indirizzi ai Centri Medico Legali periferici dell’Ente, sull’iter medico-legale di trattazione delle patologie, e di quantificazione dei postumi. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ulteriori indirizzi erano forniti al personale ispettivo, pure coinvolto nell’iter istruttorio delle pratiche. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Disponeva, infine, il decentramento dell’esame di dette pratiche e dell’assunzione di decisioni indennitarie ovvero di diniego di indennizzo, alle strutture periferiche dell’Istituto, terminata la fase centralizzata sperimentale di analisi. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Contro questa circolare, alcune associazioni datoriali (Confindustria, Confagricoltura e Abi), hanno presentato ricorso al Tar Lazio. Oltre al provvedimento dell'INAIL, le predette Associazioni datoriali hanno chiesto anche l'annullamento del Decreto Ministeriale del 27 aprile 2004, nella parte in cui le malattie "psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" - la cui origine lavorativa viene ritenuta di limitata probabilità - sono state comunque inserite nella lista delle patologie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all'organo di vigilanza (la Ausl di competenza). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Per entrambe le domande, la controversia si è focalizzata sull'opposizione al principio che il mobbing potesse assurgere a malattia tipizzata indennizzabile in assenza di definizioni scientifiche certe. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il Tribunale Amministrativo del Lazio, sez. III, con la sentenza n. 5454 del 4 luglio 2005, ha parzialmente accolto il ricorso presentato dal fronte imprenditoriale, annullando la circolare dell'INAIL, ma non il D.M. del 2004 pure impugnato. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">"<em>Il mobbing non può essere considerato in via automatica come una malattia professionale e in quanto tale indennizzabile dall'INAIL, dovendo sempre essere provata l'esistenza della causa di lavoro</em>", recitava la motivazione del Tribunale regionale. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tale approccio al problema è stato contestato dall'Istituto mediante l’appello con ricorso al Consiglio di Stato con relativa richiesta di annullamento della sentenza. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma anche il Consiglio di Stato si è uniformato alla decisione di I grado, annullando non solo la Circolare impugnata, ma anche, a seguito di appello incidentale del fronte datoriale, il D.M. del 2004 non annullato dal Tar Lazio. Con sentenza n. 1576 del 17.3.2009 infatti, il Consiglio di Stato ha sostenuto che le patologie oggetto della circolare non possono essere considerate come malattie professionali. A suo giudizio, invero, - dopo l'introduzione del sistema misto da parte della sentenza 179/88 della Corte Costituzionale (che rende indennizzabili, da parte dell'INAIL, oltre alle malattie professionali tabellate, anche tutte quelle atipiche causate o concausate dall'attività lavorativa del soggetto colpito dalla malattia stessa) - possono essere comunque riconosciute come "non tabellate" solo quelle patologie causate dal rischio specifico delle lavorazioni indicate negli articoli 1 e 4 del decreto n. 1124 del 30 giugno 1965 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">L a sentenza del Consiglio di Stato, dunque, sembrerebbe "annullare" anche il già citato decreto ministeriale, avendo una valenza non limitata solo alle malattie riconducibili alle condizioni organizzative e ambientali del lavoro (oggetto della circolare INAIL) ma a tutte le malattie "non tabellate".</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di malattie professionali non gabellate - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La normativa interna dell’INAIL inerente la trattazione delle malattie professionali - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">I contrasti con la pronuncia del Consiglio di stato del 2009 - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Problematiche attinenti alla giurisdizione</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Come detto, lo snodo principale della pronuncia del Consiglio di Stato che ci occupa è dato dal seguente passaggio:”… <em>Va cioè condivisa la censura dedotta in prime cure, per cui l'art. 1 del cit. DPR n. 1124/1965 ha condizionato l'intervento dell'assicurazione obbligatoria per le malattie professionali, anche non tabellate, alla sussistenza di un "rischio specifico" (e non già comune), cui è esposto il lavoratore addetto a determinare lavorazioni, presuntivamente e preventivamente valutate pericolose dal legislatore stesso, mediante, appunto, l'espressa previsione delle "attività protette" di cui allo stesso art. 1</em>…”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza, come più avanti lo stesso Supremo Collegio aggiunge nella motivazione”…<em>La possibilità di estendere l'ambito del rischio assicurato, e quindi la stessa ascrivibilità alle prestazioni previdenziali delle malattie professionali collegate alla generale , richiamata dalla circolare medesima, richiede allo stato l'intervento del legislatore, che riformuli in senso ampliativo lo stesso art. 1, ma non può essere compiuto mediante una circolare interpretativa dissonante, tra l'altro, dalla stessa sentenza della Corte costituzionale che la circolare assume a proprio fondamento…”. </em></font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il C.d.S. intravede dunque, nella circolare 71, una maniera, contraria alla gerarchia delle fonti, ed al procedimento previsto dall’art. 139 del T.U. 1124/65 e dall’art. 10, co IV, del D. Lgs. 38/00, di trattare delle patologie, in realtà nuove, come m.p. tabellate da parte dell’INAIL.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tale assunto non sembra, però, corrispondere ai fatti però. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Nell’assetto normativo vigente, infatti, risulta indennizzabile, in via di principio, qualsiasi malattia psichica o psicosomatica, anche diversa da quelle elencate a titolo semplificativo nella circolare, della quale il lavoratore abbia provato la riconducibilità a causa lavorativa, anche se non rientrante tra le situazioni di costrittività organizzativa elencate, a titolo orientativo, dalla circolare stessa. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza l’approccio seguito dall’INAIL nella stesura della Circolare è quello suggerito dalla Corte di Cassazione nell’esame ormai trentennale delle controversie attinenti il riconoscimento delle malattie come derivanti dal lavoro: la Suprema Corte, infatti, nel corso di questi ultimi anni, ha progressivamente allargato il concetto di "occasione di lavoro e nesso di causalità", contrariamente a quanto sviluppato dal Consiglio di Stato nella pronuncia in questione, riconducendo questo rapporto non solo ai rischi specifici di alcune lavorazioni, ma <u>a tutti i rischi del lavoro considerato in sé e per sé</u>. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ha dato così un valore al titolo dell’art. 1 del T.U. 1124/65 che, il Consiglio di Stato, pur citandolo numerose volte nella sua pronuncia, non gli ha conferito: il titolo I, Capo I, infatti recita “LE ATTIVITA’ PROTETTE”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In verità anche il Giudice delle Leggi si è occupato, nel 1988, con due pronunce, della tematica che è all’esame del presente scritto, che segna il passaggio dal sistema tabellare chiuso al sistema aperto, o misto, di tutela delle malattie professionali. I Giudizi di Palazzo Spada non seguono, apparentemente, gli sviluppi concreti che dette pronunce hanno, nel corso degli anni, comportato. </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">La Corte Costituzionale</span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, con la sentenza n. 179 del 1988 (una delle due sopra citate), nell’ampliare l’ambito delle tecnopatie protette, estendondolo a quelle atipiche, ha introdotto nel sistema una nozione di rischio professionale profondamente diversa rispetto a quella originariamente posta a fondamento della specifica forma di tutela previdenziale.</span></font></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza, per effetto della richiamata pronuncia dei Giudici delle leggi, è tutelabile qualsiasi malattia di cui sia provata la derivazione eziologica dal lavoro, inteso nella sua più ampia accezione, fermo rimanendo il riferimento al rischio specifico di una determinata lavorazione soltanto per le malattie tabellate, per le quali vale la presunzione semplice di origine professionale.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Corte di Cassazione ha tempestivamente seguito i principi enunciati dalla Corte Costituzionale e, già con sentenza n. 696/89, ha affermato che “<em>al cosiddetto sistema tabellare chiuso è subentrato quello misto con liste aperte, e che, pertanto, la tutela previdenziale in argomento va considerata estesa anche a malattie non tipiche o non riconducibili ad un certo agente patogeno tramite lavorazioni specificatamente indicate</em>”. </font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il principio è stato poi costantemente seguito dalla Giurisprudenza della medesima Corte, che, anzi, nel tempo ne anche ampliato la portata, sino ad affermare, con la recente pronuncia del 25 febbraio 2005, n. 4005, che le differenze tra gli istituti della causa di servizio e della malattia professionale si sono attenuate per effetto dell'evoluzione in tema di nesso causale nelle malattie professionali. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Infatti in vigenza del sistema chiuso, le malattie professionali - a differenza della causa di servizio, che veniva riconosciuta in ragione del nesso eziologico con il lavoro - erano indennizzabili solo in quanto connesse al rischio specifico di una determinata lavorazione, sicché i due istituti non erano assimilabili. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Con la sopra menzionata sentenza, la Corte di Cassazione ha appunto ulteriormente sancito che, per effetto dell’introduzione del sistema misto, e quindi della tutelabilità di malattie atipiche, purché eziologicamente riconducibili al lavoro, la suddetta differenza è venuta meno. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ulteriore vulnus alla visione fornita dal Consiglio di Stato, che pone una angolazione indennitaria molto più angusta del passato, è stata data, nella trattazione dei singoli casi concreti, ai casi di malattie ad eziologia multifattoriale quali le patologie psichiche in questione, dall’evoluzione del nesso di causalità relativo all'origine professionale, che non può più essere valutato in termini di certezza scientifica, ma di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre la valutazione probabilistica in certezza giuridica<span> </span>(Cassazione civile, sez. lav., 11 giugno 2004, n. 11128; Cassazione civile, sez. lav., 20 maggio 2004, n. 9634; Cassazione civile, sez. lav., 12 maggio 2004, n. 9057). In ciò la Corte di Cassazione ha svolto un ulteriore percorso di aticipizzazione.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">E’ per tali aspetti evidenziati che si intravedono i più stridenti contrasti fra gli approdi della Giurisprudenza della Corte di Cassazione, e quanto sancito dai Giudici Amministrativi.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Inoltre, il Consiglio di Stato non tiene conto di tutta l’evoluzione giurisprudenziale che sul rischio tutelato è stata svolto dalla Cassazione, ad esempio in materia di atipizzazione del rischio delle macchine elettriche, estensione del rischio al c.d. rischio specifico improprio (es. infortuni occorsi durante le pause fisiologiche o gli atti di locomozione interna) ecc..</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Stando alla nozione di rischio lavorativo indennizzabile contemplata dal Consiglio di Stato, resterebbero ad es. fuori dalla tutela assicurativa pubblica tutti quegli infortuni occasionati da macchine azionate da energia elettrica per le quali non vi sia un controllo della potenza ed un’indagine sulla loro effettiva pericolosità in concreto, posto che sarebbe tutelato solo il rischio da folgorazione diretta (trattandosi di unico rischio contemplato dall’art. 1 del T.U. 1124/65) e non sarebbero tutelati tutti gli altri rischi derivanti da tali macchine; oppure i casi di infortuni verificatisi durante la pausa pranzo, o per lo svolgimento di attività prodromiche o comunque che non si esplicitano nell’atto materiale del lavoro specifico ma che sono accessorie e connesse (anche a motivo di spostamento spaziale), al lavoro medesimo. Si tratterebbe cioè di tornare indietro di circa trent’anni nell’evoluzione della Giurisprudenza della Corte di Cassazione che è pervenuta, al contrario, a definire il rischio specifico proprio, individuato dal Consiglio di Stato come l’oggetto della tutela, a semplice presupposto di una tutela più ampia, estesa ad atti e ad eventi lesivi caratterizzati dall’unica circostanza di prodursi in situazioni in cui il lavoratore si trova per un obbligo derivante dal rapporto di lavoro. Elencare la Giurisprudenza della Corte di Cassazione da obliterare seguendo l’approccio del Consiglio di Stato, sarebbe più lungo di questo stesso articolo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Va aggiunto che la pronuncia in esame, pone anche notevoli problemi applicativi, nella vita quotidiana dell’Istituto, che dovrà applicare i diversi principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale sopra espressi a casi analoghi a quelli analizzati dal Consiglio di Stato, ma con trattazioni diverse, sì da adottare diversi criteri istruttori e divergenti risultati indennitari per patologie che hanno, al contrario, medesima fonte eziologica atipica, e presenza del medesimo nesso di causa.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Di contro, l’Istituto, si era già uniformato – si ricordi la Circolare n. 35 del 16.7.1992 - ai diversi dicta suggeriti dal Giudice delle Leggi. </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">Il Titolo della Circolare è, non a caso, il seguente <strong>“</strong></span><span style="font-family: Arial; color: windowtext"><a href="http://normativo.inail.it/BDNIntranet/docs/cost17988.htm"><span style="color: windowtext; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">Sentenze nn. 179</font></u></span></a></span><strong><span style="font-family: Arial; color: windowtext; font-size: 10pt"> e </span><span style="font-family: Arial; color: windowtext"><a href="http://normativo.inail.it/BDNIntranet/docs/cost20688.htm"><span style="color: windowtext; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">206/1988 della Corte Costituzionale</font></u></span></a></span></strong><span style="font-family: Arial; color: windowtext; font-size: 10pt">. Prima fase del decentramento della trattazi</span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">one di pratiche di tecnopatie non tabellate”. </span></font><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">L’incipit ci fa cogliere l’analogo spirito con il quale, con una anticipazione di circa 11 anni, l’INAIL, nel seguire il solco tracciato dalla Corte Costituzionale, procedeva a trattare l’indennizzo delle patologie, derivanti da rischi atipici:”…<em>Da tempo l'Istituto persegue l'obiettivo di costruire le condizioni per una gestione del sistema di tutela delle malattie professionali efficace e dinamica, capace cioè di rispondere adeguatamente alle continue sollecitazioni provenienti dall'evoluzione tecnologica del mondo del lavoro. Questo obiettivo ha tratto motivi di conferma e nuovi impulsi dall'emanazione delle note sentenze nn. 179 e 206 della Corte Costituzionale che, avendo attribuito alle situazioni reali di rischio professionale la stessa rilevanza assicurativa riconosciuta a quelle legalmente presunte, <strong>ha di fatto esteso la tutela a tutti gli eventi morbosi causati dal rischio lavorativo</strong>, con ciò sollevando problemi inediti e di non immediata soluzione</em>”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma la pronuncia qui analizzata, pone anche problemi attinenti l’esame del corretto limite perimetrale dell’esercizio della Giurisdizione in tema di infortuni sul lavoro: di tali aspetto il Consiglio non sembra essersi dato troppa cura.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Va infatti considerata la nozione “sostanzialista” che di giurisdizione dà il suo Giudice naturale (la Corte di Cassazione), da ultimo con sentenza n. 6315 del 16.3.2009 (in materia tributaria, ma riprendendo un ormai consolidato orientamento delle SS.UU. sul punto): se tale è la nozione che di Giurisdizione va data, va allora verificato quale sia il presupposto logico giuridico che ha mosso il C.d.S. a pronunciarsi in una materia solo apparentemente afferente alla sua funzione nomofilattica (la legittimità di un atto amministrativo, sub specie di circolare, con conseguente richiesta di annullamento).</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">E così ragionando si perviene a verificare che in realtà il C.d.S. sembrerebbe essersi spinto oltre i confini della sua Giurisdizione, esercitando giurisdizione in una materia, quale quella previdenziale (o meglio, del rapporto previdenziale, e dei diritti ad esso connessi), che non è sottoponibile al suo vaglio di giudizio, in ciò entrando in contrasto non solo formale con il g.o. ma anche, come detto, sostanziale.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A dire il vero, in altri aspetti attinenti la più ampia materia del diritto assicurativo/previdenziale pubblico, il Consiglio di Stato ha avuto opinioni diverse dalla Corte di Cassazione.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ne citiamo due in particolare: l’interpretazione del profilo psicologico della “colpa” del lavoratore nella produzione dell’infortunio come elidente la tutela in quanto integrante il c.d. rischio elettivo; e la possibile cumulabilità, ai fini del ristoro delle conseguenze infauste di una malattia occasionata o causata dal lavoro, delle categorie indennitarie della rendita INAIL e dell’equo indennizzo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Quanto al primo degli istituti citati, la Corte di Cassazione, pur invero con alcune oscillazioni, è giunta a sostenere la totale mancanza di cittadinanza all’interno della valutazione della meritevolezza con indennizzo previdenziale, del concetto di colpa del lavoratore. In sostanza, quand’anche l’infortunio fosse causato da esclusiva colpa del lavoratore (es. per aver violato una prescrizione del codice della strada ed aver per questo occasionato un incidente stradale da qualificarsi come infortunio in itinere in quanto occorso sulle vie del lavoro), tale aspetto non assume rilevanza ai fini dell’indennizzo. Diverso è l’esame del c.d. rischio elettivo, che però attiene alla verifica del collegamento oggettivo degli eventi alle finalità lavorative, e che nulla ha a che fare con il profilo psicologico (cfr. Cass. 15312 del 4.12.2001 e Cass. 1750 del 6.3.1996). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Al contrario, il Consiglio di Stato, con sent. n. 4951/2005, n. 104/2008 e n. 7915 del 15.12.2009 (sebbene rese in materia di esame della concessione dell’equo indennizzo per infortuni lavorativi dipendenti da cause di servizio, ma utilizzando gli schemi logico giuridici dell’occasione di lavoro utilizzati per gli infortuni sul lavoro indennizzati dall’INAIL), ha ritenuto rilevante, ai fini dell’esclusione dell’indennizzo, l’esame della colpa del lavoratore nell’occasionare l’infortunio: se verificata come esistente, il fatto non accedeva ad indennizzo per rischio elettivo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Anche per quanto riguarda la seconda materia sopra enunciata, mentre la Corte di Cassazione ha ritenuto possibile cumulare, per una medesima patologia, l’equo indennizzo e la rendita INAIL, effettuando un’analisi sulla diversa natura delle due prestazioni (cfr. Cass. SS.UU. 5988/1992, e Cass. 1521/1992, 5007/1992, 2202/1993 e 6082/1993), sulla diversità dei presupposti fondanti (Cass. 3706/1987) e sui diversi ambiti ed intensità del rapporto causale tra attività lavorativa ed evento protetto (Cass. 1356/1997), il Consiglio di Stato, al contrario, ha negato tale cumulabilità (cfr. sent. 4672/2007 e 4487/2007, per citare solo le ultime sul punto).</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Gli effetti pratici della sentenza n. 1576 del 17.3.2009</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Si è parlato delle problematiche applicative che pone la pronuncia in esame all’interno del più vasto ambito della trattazione delle pratiche di malattie professionali non tabellate. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma vi è un’ulteriore riflessione da svolgere, che attiene alla permanenza nel nostro sistema normativo dell’art. 139 del T.U. 1124/65 dell’art. 10 del D. Lgs. 38/2000, ed al varo del D.M. 9.4.2008 e della Circ. INAIL n. 47 del 24.7.2008.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il Consiglio di Stato, come abbiamo detto sopra nel delineare i tratti salienti della vicenda giudiziaria che stiamo esaminando, su appello incidentale delle associazioni datoriali, ha anche annullato, il D.M. 27.4.2004, nella parte in cui le malattie "psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" - la cui origine lavorativa viene ritenuta di limitata probabilità - sono state comunque inserite nella lista delle patologie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all'organo di vigilanza (la Ausl di competenza). </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">Vi è però da aggiungere che l’art. 139 del T.U. 1124/65 così recita “E’ obbligatorio per ogni medico, che ne riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con D.M….- la denuncia deve essere fatta all’organo di vigilanza (AUSL competente)”. Tale obbligo, se eluso, è sanzionato. Ebbene, tale meccanismo continua a persistere anche dopo l’annullamento del D.M. del 2004. E’ evidente, quindi, che la portata della pronuncia in esame, per tale aspetto, permanendo la norma che origina il D.M. annullato, è limitata al D.M. annullato, e non suscettibile di applicazione, aldilà dei limiti del giudicato, neanche come principio, ad altri casi. Ma vi è di più. L’art. 10 del D. Lgs. 38/2000, rafforzando e meglio applicando il disposto normativo dell’art. 139 del T.U., così sancisce: “<em>Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è costituita una commissione scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica dell'elenco delle malattie di cui all'</em></span><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e delle tabelle di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, composta da non più di quindici componenti in rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero della sanità, del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'Istituto superiore della sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dell'Istituto italiano di medicina sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'INAIL, dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), nonchè delle Aziende sanitarie locali (ASL) su designazione dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Con il medesimo decreto vengono stabilite la composizione e le norme di funzionamento della commissione stessa. 2. Per l'espletamento della sua attività la commissione si può avvalere della collaborazione di istituti ed enti di ricerca. 3. Alla modifica e all'integrazione delle tabelle di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, si fa luogo, su proposta della commissione di cui al comma 1, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative. 4.<strong> Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale,</strong> l'elenco delle malattie di cui all'</span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">. Gli aggiornamenti dell'elenco sono effettuati con cadenza annuale con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della commissione di cui al comma 1. La trasmissione della copia della denuncia di cui all'</span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, comma 2, del testo unico e successive modificazioni e integrazioni, è effettuata, oltre che alla azienda sanitaria locale, anche alla sede dell'istituto assicuratore competente per territorio</span></em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">”. </span></font><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In applicazione delle appena citate disposizioni, è stato varato il D.M. 9.5.2008 (in G.U. 21.7.2008) intitolato “Nuove Tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura”. Ebbene tale D.M.<span> </span>(e la successiva Circ. applicativa INAIL 47/2008) ha seguito, nella sua tabellazione di lavorazioni, il passaggio normativo dell’art. 10 del D. Lgs. 38/00 (“…<em>Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale…”</em>), e non quanto disposto dalla sentenza del 2009. In sostanza la nuova tabellazione tiene conto che è assicurato il lavoro (“L’Attività” di cui all.’art. 1 del T.U. 1124/65), e non solo il rischio specifico che da esso promana. E’ bene notare che, nonostante la permanenza del meccanismo appena citato, il D.M. 2008 non è stato oggetto di impugnativa tempestiva da parte delle associazioni datoriali, al pari del D.M. del 2004, che nondimeno dal D.M. del 2008 e dal meccanismo previsto dagli artt. 139 del T.U. 1124 e 10 del D. Lgs. 38/2000, sarebbe stato superato.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Avv. Pierfrancesco Damasco – Avvocatura Regionale INAIL Puglia</font></span></p><p align="justify"><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Le opinioni espresse in questo scritto sono frutto esclusivamente di elaborazioni personali, e non impegnano in alcun modo l’Ente datore di lavoro.</font></span></em></p><p align="justify"><font color="#ff6600"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">INTERVENTO DEL CONSIGLIO DI STATO IN MATERIA DI ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E MALATTIE PROFESSIONALI - SENTENZA N. 1576 DEL 17.3.2009 E ANNULLAMENTO DELLA CIRCOLARE INAIL N. 73/2003 – ASPETTI PROBLEMATICI </span></strong><strong><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> </span></em></strong></font></p><p align="center"><strong></strong><strong><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"><font color="#333333">di Pierfrancesco Damasco</font> </font></span></em></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Con la sentenza n. 1576 del 17.3.2009, il Consiglio di Stato si confronta nuovamente con il sistema assicurativo pubblico di tutela degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, sancendo principi che hanno creato spunti di riflessione e problematiche applicative.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La pronuncia infatti, ad una prima lettura, sembra suggerire, un percorso orientato in una direzione diametralmente opposta rispetto a quella individuata negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione nella medesima materia (la tutela indennitaria delle malattie professionali).</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ha inoltre sollevato, come in tutti i casi di annullamento di Circolari organizzative, una serie di problematiche che attengono al profilo del confronto fra la trattazione della pratiche derivanti dalla denuncia di malattie professionali indotte da costrittività organizzativa, e la più ampia trattazione delle pratiche derivanti da denuncia di malattia professionale gestita dall’INAIL.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il contemporaneo e successivo varo, nel maggio del 2008, del nuovo D.M. inerente la tabellazione di nuove m.p. e lavorazioni potenzialmente pericolose, rimasto estraneo alla vicenda giudiziaria che ci occupa, come pure la persistenza nel nostro sistema normativo dell’art. 139, comma 1, del T.U. 1124/65, hanno inoltre ingenerato numerosi dubbi sulla reale utilità pratica della pronuncia del marzo del 2009.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Proviamo, col presente lavoro, ad evidenziare gli elementi di contrasto che emergono fra la Giurisprudenza creata dal Consiglio di Stato con la sentenza in esame, e gli approdi più recenti cui era giunta la Corte di Cassazione quando si è occupata, a livello più ampio, della medesima vicenda; proveremo inoltre a evidenziare altri contrasti che emergono dal confronto fra la Giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione quando si sono occupate della materia previdenziale gestita dall’INAIL; ed infine ci occuperemo del problema dell’utilità pratica della sentenza 1576 del 2009.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Breve esame dei fatti di causa che hanno condotto alla sentenza n. 1576 del 17.3.2009 del Consiglio di Stato</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In data 17.12.2003 il Consiglio di Amministrazione dell’INAIL approvava la Circolare recante il n. 73, intitolata “<em>Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro. Rischio tutelato e diagnosi di malattia professionale. Modalità di trattazione delle pratiche</em>”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A mezzo di detto atto normativo interno, l’Istituto emanava una serie di direttive organizzative concernenti l’uniforme trattazione sul territorio di quelle patologie che risultavano denunciate all’INAIL medesimo in quanto ritenute derivanti dall’organizzazione lavorativa ed aziendale, nonchè dal ciclo produttivo. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tali aspetti lavorativi, se distorti, potevano costituire rischi etiologicamente legati all’insorgere di conseguenze infauste per la salute del lavoratore (in applicazione dei dicta di Corte Cost. 179/88 e dell’art. 10, co. IV del D. Lgs. 38/2000). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Circolare enumerava a scopo esemplificativo alcuni rischi tipici che erano stati rinvenuti dall’esame di circa 200 denunce di presunte m.p. di tipo psichico derivanti da organizzazione lavorativa distorta. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Infine, come atto di indirizzo per le strutture periferiche dell’Istituto, suggeriva i percorsi amministrativi da seguire per la completa istruttoria di questa particolare, ma allo stesso tempo ordinaria, categoria di m.p.. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A parere dell'Istituto, tutte le situazioni di "costrittività organizzativa" (per esempio: lo svuotamento di mansioni o la mancata assegnazione degli strumenti di lavoro) al pari di quelle di "mobbing strategico" (gli atteggiamenti strategicamente ostili delle aziende per promuovere l'allontanamento di soggetti in qualche modo scomodi), purché ricollegabili a finalità professionali, dovevano rientrare nel rischio tutelato (restavano, invece, esclusi fattori organizzativo/gestionali legati al normale svolgimento del rapporto quali il trasferimento, il licenziamento, etc). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Circolare forniva anche indirizzi ai Centri Medico Legali periferici dell’Ente, sull’iter medico-legale di trattazione delle patologie, e di quantificazione dei postumi. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ulteriori indirizzi erano forniti al personale ispettivo, pure coinvolto nell’iter istruttorio delle pratiche. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Disponeva, infine, il decentramento dell’esame di dette pratiche e dell’assunzione di decisioni indennitarie ovvero di diniego di indennizzo, alle strutture periferiche dell’Istituto, terminata la fase centralizzata sperimentale di analisi. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Contro questa circolare, alcune associazioni datoriali (Confindustria, Confagricoltura e Abi), hanno presentato ricorso al Tar Lazio. Oltre al provvedimento dell'INAIL, le predette Associazioni datoriali hanno chiesto anche l'annullamento del Decreto Ministeriale del 27 aprile 2004, nella parte in cui le malattie "psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" - la cui origine lavorativa viene ritenuta di limitata probabilità - sono state comunque inserite nella lista delle patologie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all'organo di vigilanza (la Ausl di competenza). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Per entrambe le domande, la controversia si è focalizzata sull'opposizione al principio che il mobbing potesse assurgere a malattia tipizzata indennizzabile in assenza di definizioni scientifiche certe. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il Tribunale Amministrativo del Lazio, sez. III, con la sentenza n. 5454 del 4 luglio 2005, ha parzialmente accolto il ricorso presentato dal fronte imprenditoriale, annullando la circolare dell'INAIL, ma non il D.M. del 2004 pure impugnato. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">"<em>Il mobbing non può essere considerato in via automatica come una malattia professionale e in quanto tale indennizzabile dall'INAIL, dovendo sempre essere provata l'esistenza della causa di lavoro</em>", recitava la motivazione del Tribunale regionale. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tale approccio al problema è stato contestato dall'Istituto mediante l’appello con ricorso al Consiglio di Stato con relativa richiesta di annullamento della sentenza. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma anche il Consiglio di Stato si è uniformato alla decisione di I grado, annullando non solo la Circolare impugnata, ma anche, a seguito di appello incidentale del fronte datoriale, il D.M. del 2004 non annullato dal Tar Lazio. Con sentenza n. 1576 del 17.3.2009 infatti, il Consiglio di Stato ha sostenuto che le patologie oggetto della circolare non possono essere considerate come malattie professionali. A suo giudizio, invero, - dopo l'introduzione del sistema misto da parte della sentenza 179/88 della Corte Costituzionale (che rende indennizzabili, da parte dell'INAIL, oltre alle malattie professionali tabellate, anche tutte quelle atipiche causate o concausate dall'attività lavorativa del soggetto colpito dalla malattia stessa) - possono essere comunque riconosciute come "non tabellate" solo quelle patologie causate dal rischio specifico delle lavorazioni indicate negli articoli 1 e 4 del decreto n. 1124 del 30 giugno 1965 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">L a sentenza del Consiglio di Stato, dunque, sembrerebbe "annullare" anche il già citato decreto ministeriale, avendo una valenza non limitata solo alle malattie riconducibili alle condizioni organizzative e ambientali del lavoro (oggetto della circolare INAIL) ma a tutte le malattie "non tabellate".</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di malattie professionali non gabellate - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La normativa interna dell’INAIL inerente la trattazione delle malattie professionali - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">I contrasti con la pronuncia del Consiglio di stato del 2009 - </font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Problematiche attinenti alla giurisdizione</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Come detto, lo snodo principale della pronuncia del Consiglio di Stato che ci occupa è dato dal seguente passaggio:”… <em>Va cioè condivisa la censura dedotta in prime cure, per cui l'art. 1 del cit. DPR n. 1124/1965 ha condizionato l'intervento dell'assicurazione obbligatoria per le malattie professionali, anche non tabellate, alla sussistenza di un "rischio specifico" (e non già comune), cui è esposto il lavoratore addetto a determinare lavorazioni, presuntivamente e preventivamente valutate pericolose dal legislatore stesso, mediante, appunto, l'espressa previsione delle "attività protette" di cui allo stesso art. 1</em>…”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza, come più avanti lo stesso Supremo Collegio aggiunge nella motivazione”…<em>La possibilità di estendere l'ambito del rischio assicurato, e quindi la stessa ascrivibilità alle prestazioni previdenziali delle malattie professionali collegate alla generale , richiamata dalla circolare medesima, richiede allo stato l'intervento del legislatore, che riformuli in senso ampliativo lo stesso art. 1, ma non può essere compiuto mediante una circolare interpretativa dissonante, tra l'altro, dalla stessa sentenza della Corte costituzionale che la circolare assume a proprio fondamento…”. </em></font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il C.d.S. intravede dunque, nella circolare 71, una maniera, contraria alla gerarchia delle fonti, ed al procedimento previsto dall’art. 139 del T.U. 1124/65 e dall’art. 10, co IV, del D. Lgs. 38/00, di trattare delle patologie, in realtà nuove, come m.p. tabellate da parte dell’INAIL.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Tale assunto non sembra, però, corrispondere ai fatti però. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Nell’assetto normativo vigente, infatti, risulta indennizzabile, in via di principio, qualsiasi malattia psichica o psicosomatica, anche diversa da quelle elencate a titolo semplificativo nella circolare, della quale il lavoratore abbia provato la riconducibilità a causa lavorativa, anche se non rientrante tra le situazioni di costrittività organizzativa elencate, a titolo orientativo, dalla circolare stessa. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza l’approccio seguito dall’INAIL nella stesura della Circolare è quello suggerito dalla Corte di Cassazione nell’esame ormai trentennale delle controversie attinenti il riconoscimento delle malattie come derivanti dal lavoro: la Suprema Corte, infatti, nel corso di questi ultimi anni, ha progressivamente allargato il concetto di "occasione di lavoro e nesso di causalità", contrariamente a quanto sviluppato dal Consiglio di Stato nella pronuncia in questione, riconducendo questo rapporto non solo ai rischi specifici di alcune lavorazioni, ma <u>a tutti i rischi del lavoro considerato in sé e per sé</u>. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ha dato così un valore al titolo dell’art. 1 del T.U. 1124/65 che, il Consiglio di Stato, pur citandolo numerose volte nella sua pronuncia, non gli ha conferito: il titolo I, Capo I, infatti recita “LE ATTIVITA’ PROTETTE”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In verità anche il Giudice delle Leggi si è occupato, nel 1988, con due pronunce, della tematica che è all’esame del presente scritto, che segna il passaggio dal sistema tabellare chiuso al sistema aperto, o misto, di tutela delle malattie professionali. I Giudizi di Palazzo Spada non seguono, apparentemente, gli sviluppi concreti che dette pronunce hanno, nel corso degli anni, comportato. </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">La Corte Costituzionale</span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, con la sentenza n. 179 del 1988 (una delle due sopra citate), nell’ampliare l’ambito delle tecnopatie protette, estendondolo a quelle atipiche, ha introdotto nel sistema una nozione di rischio professionale profondamente diversa rispetto a quella originariamente posta a fondamento della specifica forma di tutela previdenziale.</span></font></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In sostanza, per effetto della richiamata pronuncia dei Giudici delle leggi, è tutelabile qualsiasi malattia di cui sia provata la derivazione eziologica dal lavoro, inteso nella sua più ampia accezione, fermo rimanendo il riferimento al rischio specifico di una determinata lavorazione soltanto per le malattie tabellate, per le quali vale la presunzione semplice di origine professionale.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">La Corte di Cassazione ha tempestivamente seguito i principi enunciati dalla Corte Costituzionale e, già con sentenza n. 696/89, ha affermato che “<em>al cosiddetto sistema tabellare chiuso è subentrato quello misto con liste aperte, e che, pertanto, la tutela previdenziale in argomento va considerata estesa anche a malattie non tipiche o non riconducibili ad un certo agente patogeno tramite lavorazioni specificatamente indicate</em>”. </font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il principio è stato poi costantemente seguito dalla Giurisprudenza della medesima Corte, che, anzi, nel tempo ne anche ampliato la portata, sino ad affermare, con la recente pronuncia del 25 febbraio 2005, n. 4005, che le differenze tra gli istituti della causa di servizio e della malattia professionale si sono attenuate per effetto dell'evoluzione in tema di nesso causale nelle malattie professionali. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Infatti in vigenza del sistema chiuso, le malattie professionali - a differenza della causa di servizio, che veniva riconosciuta in ragione del nesso eziologico con il lavoro - erano indennizzabili solo in quanto connesse al rischio specifico di una determinata lavorazione, sicché i due istituti non erano assimilabili. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Con la sopra menzionata sentenza, la Corte di Cassazione ha appunto ulteriormente sancito che, per effetto dell’introduzione del sistema misto, e quindi della tutelabilità di malattie atipiche, purché eziologicamente riconducibili al lavoro, la suddetta differenza è venuta meno. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ulteriore vulnus alla visione fornita dal Consiglio di Stato, che pone una angolazione indennitaria molto più angusta del passato, è stata data, nella trattazione dei singoli casi concreti, ai casi di malattie ad eziologia multifattoriale quali le patologie psichiche in questione, dall’evoluzione del nesso di causalità relativo all'origine professionale, che non può più essere valutato in termini di certezza scientifica, ma di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre la valutazione probabilistica in certezza giuridica<span> </span>(Cassazione civile, sez. lav., 11 giugno 2004, n. 11128; Cassazione civile, sez. lav., 20 maggio 2004, n. 9634; Cassazione civile, sez. lav., 12 maggio 2004, n. 9057). In ciò la Corte di Cassazione ha svolto un ulteriore percorso di aticipizzazione.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">E’ per tali aspetti evidenziati che si intravedono i più stridenti contrasti fra gli approdi della Giurisprudenza della Corte di Cassazione, e quanto sancito dai Giudici Amministrativi.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Inoltre, il Consiglio di Stato non tiene conto di tutta l’evoluzione giurisprudenziale che sul rischio tutelato è stata svolto dalla Cassazione, ad esempio in materia di atipizzazione del rischio delle macchine elettriche, estensione del rischio al c.d. rischio specifico improprio (es. infortuni occorsi durante le pause fisiologiche o gli atti di locomozione interna) ecc..</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Stando alla nozione di rischio lavorativo indennizzabile contemplata dal Consiglio di Stato, resterebbero ad es. fuori dalla tutela assicurativa pubblica tutti quegli infortuni occasionati da macchine azionate da energia elettrica per le quali non vi sia un controllo della potenza ed un’indagine sulla loro effettiva pericolosità in concreto, posto che sarebbe tutelato solo il rischio da folgorazione diretta (trattandosi di unico rischio contemplato dall’art. 1 del T.U. 1124/65) e non sarebbero tutelati tutti gli altri rischi derivanti da tali macchine; oppure i casi di infortuni verificatisi durante la pausa pranzo, o per lo svolgimento di attività prodromiche o comunque che non si esplicitano nell’atto materiale del lavoro specifico ma che sono accessorie e connesse (anche a motivo di spostamento spaziale), al lavoro medesimo. Si tratterebbe cioè di tornare indietro di circa trent’anni nell’evoluzione della Giurisprudenza della Corte di Cassazione che è pervenuta, al contrario, a definire il rischio specifico proprio, individuato dal Consiglio di Stato come l’oggetto della tutela, a semplice presupposto di una tutela più ampia, estesa ad atti e ad eventi lesivi caratterizzati dall’unica circostanza di prodursi in situazioni in cui il lavoratore si trova per un obbligo derivante dal rapporto di lavoro. Elencare la Giurisprudenza della Corte di Cassazione da obliterare seguendo l’approccio del Consiglio di Stato, sarebbe più lungo di questo stesso articolo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Va aggiunto che la pronuncia in esame, pone anche notevoli problemi applicativi, nella vita quotidiana dell’Istituto, che dovrà applicare i diversi principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale sopra espressi a casi analoghi a quelli analizzati dal Consiglio di Stato, ma con trattazioni diverse, sì da adottare diversi criteri istruttori e divergenti risultati indennitari per patologie che hanno, al contrario, medesima fonte eziologica atipica, e presenza del medesimo nesso di causa.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Di contro, l’Istituto, si era già uniformato – si ricordi la Circolare n. 35 del 16.7.1992 - ai diversi dicta suggeriti dal Giudice delle Leggi. </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">Il Titolo della Circolare è, non a caso, il seguente <strong>“</strong></span><span style="font-family: Arial; color: windowtext"><a href="http://normativo.inail.it/BDNIntranet/docs/cost17988.htm"><span style="color: windowtext; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">Sentenze nn. 179</font></u></span></a></span><strong><span style="font-family: Arial; color: windowtext; font-size: 10pt"> e </span><span style="font-family: Arial; color: windowtext"><a href="http://normativo.inail.it/BDNIntranet/docs/cost20688.htm"><span style="color: windowtext; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">206/1988 della Corte Costituzionale</font></u></span></a></span></strong><span style="font-family: Arial; color: windowtext; font-size: 10pt">. Prima fase del decentramento della trattazi</span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">one di pratiche di tecnopatie non tabellate”. </span></font><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">L’incipit ci fa cogliere l’analogo spirito con il quale, con una anticipazione di circa 11 anni, l’INAIL, nel seguire il solco tracciato dalla Corte Costituzionale, procedeva a trattare l’indennizzo delle patologie, derivanti da rischi atipici:”…<em>Da tempo l'Istituto persegue l'obiettivo di costruire le condizioni per una gestione del sistema di tutela delle malattie professionali efficace e dinamica, capace cioè di rispondere adeguatamente alle continue sollecitazioni provenienti dall'evoluzione tecnologica del mondo del lavoro. Questo obiettivo ha tratto motivi di conferma e nuovi impulsi dall'emanazione delle note sentenze nn. 179 e 206 della Corte Costituzionale che, avendo attribuito alle situazioni reali di rischio professionale la stessa rilevanza assicurativa riconosciuta a quelle legalmente presunte, <strong>ha di fatto esteso la tutela a tutti gli eventi morbosi causati dal rischio lavorativo</strong>, con ciò sollevando problemi inediti e di non immediata soluzione</em>”. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma la pronuncia qui analizzata, pone anche problemi attinenti l’esame del corretto limite perimetrale dell’esercizio della Giurisdizione in tema di infortuni sul lavoro: di tali aspetto il Consiglio non sembra essersi dato troppa cura.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Va infatti considerata la nozione “sostanzialista” che di giurisdizione dà il suo Giudice naturale (la Corte di Cassazione), da ultimo con sentenza n. 6315 del 16.3.2009 (in materia tributaria, ma riprendendo un ormai consolidato orientamento delle SS.UU. sul punto): se tale è la nozione che di Giurisdizione va data, va allora verificato quale sia il presupposto logico giuridico che ha mosso il C.d.S. a pronunciarsi in una materia solo apparentemente afferente alla sua funzione nomofilattica (la legittimità di un atto amministrativo, sub specie di circolare, con conseguente richiesta di annullamento).</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">E così ragionando si perviene a verificare che in realtà il C.d.S. sembrerebbe essersi spinto oltre i confini della sua Giurisdizione, esercitando giurisdizione in una materia, quale quella previdenziale (o meglio, del rapporto previdenziale, e dei diritti ad esso connessi), che non è sottoponibile al suo vaglio di giudizio, in ciò entrando in contrasto non solo formale con il g.o. ma anche, come detto, sostanziale.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">A dire il vero, in altri aspetti attinenti la più ampia materia del diritto assicurativo/previdenziale pubblico, il Consiglio di Stato ha avuto opinioni diverse dalla Corte di Cassazione.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ne citiamo due in particolare: l’interpretazione del profilo psicologico della “colpa” del lavoratore nella produzione dell’infortunio come elidente la tutela in quanto integrante il c.d. rischio elettivo; e la possibile cumulabilità, ai fini del ristoro delle conseguenze infauste di una malattia occasionata o causata dal lavoro, delle categorie indennitarie della rendita INAIL e dell’equo indennizzo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Quanto al primo degli istituti citati, la Corte di Cassazione, pur invero con alcune oscillazioni, è giunta a sostenere la totale mancanza di cittadinanza all’interno della valutazione della meritevolezza con indennizzo previdenziale, del concetto di colpa del lavoratore. In sostanza, quand’anche l’infortunio fosse causato da esclusiva colpa del lavoratore (es. per aver violato una prescrizione del codice della strada ed aver per questo occasionato un incidente stradale da qualificarsi come infortunio in itinere in quanto occorso sulle vie del lavoro), tale aspetto non assume rilevanza ai fini dell’indennizzo. Diverso è l’esame del c.d. rischio elettivo, che però attiene alla verifica del collegamento oggettivo degli eventi alle finalità lavorative, e che nulla ha a che fare con il profilo psicologico (cfr. Cass. 15312 del 4.12.2001 e Cass. 1750 del 6.3.1996). </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Al contrario, il Consiglio di Stato, con sent. n. 4951/2005, n. 104/2008 e n. 7915 del 15.12.2009 (sebbene rese in materia di esame della concessione dell’equo indennizzo per infortuni lavorativi dipendenti da cause di servizio, ma utilizzando gli schemi logico giuridici dell’occasione di lavoro utilizzati per gli infortuni sul lavoro indennizzati dall’INAIL), ha ritenuto rilevante, ai fini dell’esclusione dell’indennizzo, l’esame della colpa del lavoratore nell’occasionare l’infortunio: se verificata come esistente, il fatto non accedeva ad indennizzo per rischio elettivo.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Anche per quanto riguarda la seconda materia sopra enunciata, mentre la Corte di Cassazione ha ritenuto possibile cumulare, per una medesima patologia, l’equo indennizzo e la rendita INAIL, effettuando un’analisi sulla diversa natura delle due prestazioni (cfr. Cass. SS.UU. 5988/1992, e Cass. 1521/1992, 5007/1992, 2202/1993 e 6082/1993), sulla diversità dei presupposti fondanti (Cass. 3706/1987) e sui diversi ambiti ed intensità del rapporto causale tra attività lavorativa ed evento protetto (Cass. 1356/1997), il Consiglio di Stato, al contrario, ha negato tale cumulabilità (cfr. sent. 4672/2007 e 4487/2007, per citare solo le ultime sul punto).</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Gli effetti pratici della sentenza n. 1576 del 17.3.2009</font></span></strong><strong><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></strong></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Si è parlato delle problematiche applicative che pone la pronuncia in esame all’interno del più vasto ambito della trattazione delle pratiche di malattie professionali non tabellate. </font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Ma vi è un’ulteriore riflessione da svolgere, che attiene alla permanenza nel nostro sistema normativo dell’art. 139 del T.U. 1124/65 dell’art. 10 del D. Lgs. 38/2000, ed al varo del D.M. 9.4.2008 e della Circ. INAIL n. 47 del 24.7.2008.</font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Il Consiglio di Stato, come abbiamo detto sopra nel delineare i tratti salienti della vicenda giudiziaria che stiamo esaminando, su appello incidentale delle associazioni datoriali, ha anche annullato, il D.M. 27.4.2004, nella parte in cui le malattie "psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" - la cui origine lavorativa viene ritenuta di limitata probabilità - sono state comunque inserite nella lista delle patologie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all'organo di vigilanza (la Ausl di competenza). </font></span><font color="#000000"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">Vi è però da aggiungere che l’art. 139 del T.U. 1124/65 così recita “E’ obbligatorio per ogni medico, che ne riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con D.M….- la denuncia deve essere fatta all’organo di vigilanza (AUSL competente)”. Tale obbligo, se eluso, è sanzionato. Ebbene, tale meccanismo continua a persistere anche dopo l’annullamento del D.M. del 2004. E’ evidente, quindi, che la portata della pronuncia in esame, per tale aspetto, permanendo la norma che origina il D.M. annullato, è limitata al D.M. annullato, e non suscettibile di applicazione, aldilà dei limiti del giudicato, neanche come principio, ad altri casi. Ma vi è di più. L’art. 10 del D. Lgs. 38/2000, rafforzando e meglio applicando il disposto normativo dell’art. 139 del T.U., così sancisce: “<em>Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è costituita una commissione scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica dell'elenco delle malattie di cui all'</em></span><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e delle tabelle di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, composta da non più di quindici componenti in rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero della sanità, del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'Istituto superiore della sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dell'Istituto italiano di medicina sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'INAIL, dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), nonchè delle Aziende sanitarie locali (ASL) su designazione dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Con il medesimo decreto vengono stabilite la composizione e le norme di funzionamento della commissione stessa. 2. Per l'espletamento della sua attività la commissione si può avvalere della collaborazione di istituti ed enti di ricerca. 3. Alla modifica e all'integrazione delle tabelle di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, si fa luogo, su proposta della commissione di cui al comma 1, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative. 4.<strong> Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale,</strong> l'elenco delle malattie di cui all'</span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">articoli 3</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"> e </span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">211 del testo unico</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">. Gli aggiornamenti dell'elenco sono effettuati con cadenza annuale con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della commissione di cui al comma 1. La trasmissione della copia della denuncia di cui all'</span></em><span style="font-family: Arial"><em><span style="color: black; font-size: 10pt"><u><font face="Verdana">art. 139</font></u></span></em></span><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">, comma 2, del testo unico e successive modificazioni e integrazioni, è effettuata, oltre che alla azienda sanitaria locale, anche alla sede dell'istituto assicuratore competente per territorio</span></em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt">”. </span></font><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">In applicazione delle appena citate disposizioni, è stato varato il D.M. 9.5.2008 (in G.U. 21.7.2008) intitolato “Nuove Tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura”. Ebbene tale D.M.<span> </span>(e la successiva Circ. applicativa INAIL 47/2008) ha seguito, nella sua tabellazione di lavorazioni, il passaggio normativo dell’art. 10 del D. Lgs. 38/00 (“…<em>Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale…”</em>), e non quanto disposto dalla sentenza del 2009. In sostanza la nuova tabellazione tiene conto che è assicurato il lavoro (“L’Attività” di cui all.’art. 1 del T.U. 1124/65), e non solo il rischio specifico che da esso promana. E’ bene notare che, nonostante la permanenza del meccanismo appena citato, il D.M. 2008 non è stato oggetto di impugnativa tempestiva da parte delle associazioni datoriali, al pari del D.M. del 2004, che nondimeno dal D.M. del 2008 e dal meccanismo previsto dagli artt. 139 del T.U. 1124 e 10 del D. Lgs. 38/2000, sarebbe stato superato.</font></span><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000"> </font></span></p><p align="justify"><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Avv. Pierfrancesco Damasco – Avvocatura Regionale INAIL Puglia</font></span></p><p align="justify"><em><span style="font-family: Arial; font-size: 10pt"><font color="#000000">Le opinioni espresse in questo scritto sono frutto esclusivamente di elaborazioni personali, e non impegnano in alcun modo l’Ente datore di lavoro.</font></span></em></p>Il trattamento di malattia degli autoferrotranvieri2010-01-29T23:00:00Z2010-01-29T23:00:00Zhttp://www.csddl.it/csddl/invalidita/il-trattamento-di-malattia-degli-autoferrotranvieri.htmldi Luca Laurinoinfo@codexa.it<div align="center" style="font-size: 16px"><font color="#0000ff"><a href="attachments/367_Il%20trattamento%20di%20malattia%20degli%20autoferrotranvieri.pdf"><strong style="font-family: Courier New,Courier,mono; font-size: 18px">IL TRATTAMENTO DI MALATTIA DEGLI AUTOFERROTRANVIERI</strong><br /></a></font> </div><div align="center" style="font-size: 16px"><em>di Luca Laurino</em></div><div align="justify"><font color="#000000">Il saggio ha lo scopo di offrire uno spunto di riflessione relativo al trattamento economico di malattia dei lavoratori del Trasporto Pubblico Locale, meglio noti come Autoferrotranvieri, da tempo oggetto di numerose controversie. Partendo da una ricostruzione storica, si vedrà come la disciplina vigente sin dal 1931, sia stata insidiata dall’intervento politico degli ultimi anni, che ha tentato di stravolgerla completamente. Preziosa risulta essere la forza delle organizzazioni sindacali di categoria, le quali sono riuscite attraverso un’intensa attività di contrasto ad affrontare la questione, riportandola allo “status quo ante”.</font></div><font color="#000000"><div align="center"><br /><font color="#000000">(da </font><a href="http://www.dirittodeilavori.it/"><font color="#000000">www.dirittodeilavori.it</font></a><font color="#000000">, anno IV, n. 1, gennaio 2010)<br /></font><br /></div></font><div align="center" style="font-size: 16px"><font color="#0000ff"><a href="attachments/367_Il%20trattamento%20di%20malattia%20degli%20autoferrotranvieri.pdf"><strong style="font-family: Courier New,Courier,mono; font-size: 18px">IL TRATTAMENTO DI MALATTIA DEGLI AUTOFERROTRANVIERI</strong><br /></a></font> </div><div align="center" style="font-size: 16px"><em>di Luca Laurino</em></div><div align="justify"><font color="#000000">Il saggio ha lo scopo di offrire uno spunto di riflessione relativo al trattamento economico di malattia dei lavoratori del Trasporto Pubblico Locale, meglio noti come Autoferrotranvieri, da tempo oggetto di numerose controversie. Partendo da una ricostruzione storica, si vedrà come la disciplina vigente sin dal 1931, sia stata insidiata dall’intervento politico degli ultimi anni, che ha tentato di stravolgerla completamente. Preziosa risulta essere la forza delle organizzazioni sindacali di categoria, le quali sono riuscite attraverso un’intensa attività di contrasto ad affrontare la questione, riportandola allo “status quo ante”.</font></div><font color="#000000"><div align="center"><br /><font color="#000000">(da </font><a href="http://www.dirittodeilavori.it/"><font color="#000000">www.dirittodeilavori.it</font></a><font color="#000000">, anno IV, n. 1, gennaio 2010)<br /></font><br /></div></font>