Si è appena conclusa al Louvre l’exposition intitolata Paris-Athènes. Naissance de la Grèce moderne 1675-1919. La mostra ha ricostruito il filo delle relazioni intrattenute dai due paesi, il contributo di entrambi alla costituzione dell’identità culturale d’ognuno e l’emergenza di un modello culturale europeo, quello antico. L’arco temporale definito comprende la riscoperta della Grecia bizantina e ottomana da parte del marchese Charles de Nointel, in viaggio per la Sublime Porta nel 1675. Include l’impegno militare e culturale speso dai Francesi in favore della guerra d’indipendenza del 1821, l’acquisizione concomitante della Venere di Milo, la spedizione in Morea, gli scavi archeologici a Delo, Delfi e Taso. Si spinge fino alla presenza greca, con due sontuosi padiglioni, alle Esposizioni universali parigine del 1889 e 1900. Si chiude con la mostra del gruppo di artisti Omada Tehni, sempre a Parigi, nel 1919. All’interesse francese per la Grecia fa eco la costruzione dell’identità del nuovissimo stato, diviso tra il sogno politico della riconquista di Costantinopoli e la realtà della ‘Grande Catastrofe’, la guerra greco-turca del 1919-1922 che provocò l’esilio massiccio dei Greci dell’Asia Minore. Affidata a una monarchia e alla cultura neoclassica tedesca – cui l’invenzione di una tradizione s’ispirò in molti ambiti culturali, da quello architettonico all’adozione del costume nazionale – la giovane Grecia guardò più in generale a modelli europei ma non perse mai di vista il modello francese che aveva conosciuto già al tempo dei principati latini dei Franchi.
Zito Eleutheria! (Vive la liberté!) è il grido che Eugène Delacroix prestava nel Journal al soldato greco pronto a lanciarsi contro il nemico. Filelleno, Delacroix identificava gli eroi dell’indipendenza con gli antichi Greci, campioni della libertà contro l’impero persiano. La mostra celebra l’impegno francese in Grecia come missione culturale, non di rapina. Risponde con forza all’immagine della cultura antica come schiavista, misogina e razzista. Non risolve, né potrebbe farlo, il problema più generale ma cruciale, quello della distanza tra azione militare, sia pure ‘guerra giusta’, politica e cultura.
Annalisa Paradiso